Un ciclo di incontri nella chiesa della Trasfigurazione a San Miniato Basso esplora il testo più influente della storia del cristianesimo nascente, tra cristologia e vita comunitaria. Don Benedetto Rossi guida i fedeli alla scoperta del cosiddetto «Vangelo della Chiesa»
«Spirito Santo, che riempivi di luce i profeti e accendevi parole di fuoco sulla loro bocca, torna a parlarci con accenti di speranza». Con la preghiera di don Tonino Bello è iniziato il primo dei sette incontri sul Vangelo di Matteo, organizzati dall’Unità pastorale di San Miniato Basso e San Miniato. A guidare gli appuntamenti è don Benedetto Rossi, sacerdote della diocesi di Siena e docente di sacra scrittura alla Facoltà teologica dell’Italia centrale di Firenze.
IL VANGELO PIÙ INFLUENTE
Il testo di Matteo presenta Gesù come il Messia che porta a compimento la storia e le speranze d’Israele, con continui riferimenti all’Antico Testamento e particolare attenzione alla figura di Mosè. Come scrisse Lutero, «il Gesù di Matteo è il Mosissimus Moses», il Mosè all’ennesima potenza. Don Rossi ha sottolineato come questo Vangelo abbia esercitato un influsso straordinario nel cristianesimo nascente: è il più citato dai Padri della Chiesa ed è La cristologia matteana è ricchissima: Gesù è il Messia atteso, il servo sofferente di Jahvé, ma è anche il Kyrios, il Signore che ha sovranità sulla storia. Non un semplice titolo onorifico quest’ultimo, ma l’affermazione che la storia è guidata da Lui. stato il più utilizzato nella liturgia fino alla riforma del 1969. Uno studioso, in tempi recenti, è arrivato a definirlo come «il libro sicuramente più importante di tutta la storia umana». La sua rilevanza deriva anche dal fatto che, a differenza di Marco che riporta principalmente i gesti di Gesù, Matteo raccoglie molti discorsi del Maestro. È infatti chiamato il “Vangelo della Chiesa e del catechista”, strutturato attorno a cinque grandi discorsi che delineano i tratti della vita cristiana: il discorso della Montagna (cap. 5-7), il discorso missionario (cap. 10), le parabole (cap. 13), il discorso comunitario (cap. 18) e quello escatologico (cap. 23-25).
IL MESSAGGIO CENTRALE
Qual è il cuore del messaggio matteano? Le attese degli ebrei al tempo di Gesù erano incentrate sulla venuta del Regno di Dio. Matteo proclama che in Gesù il Regno è realmente venuto tra gli uomini: dopo gli annunci dei profeti, e con la morte e resurrezione di Cristo è iniziato il tempo del compimento.
UNA CHIESA IMPERFETTA MA IN CAMMINO
Matteo è l’unico evangelista ad usare tre volte il termine “ecclesia”. Per lui, la Chiesa incarna il nuovo popolo di Dio, il luogo concreto in cui il Regno ha preso forma nella storia. Il vero Israele è costituito da coloro che, credendo in Gesù, sono diventati figli di Dio e fratelli tra loro, qualunque sia la loro origine. Ma la Chiesa descritta da Matteo non è idealizzata: vive momenti credenti fragili, vacillanti, bisognosi di perdono, che però a loro volta non sono capaci, o disposti, a perdonarsi a vicenda. Proprio qui sta uno degli insegnamenti più profondi: Matteo vuole che i discepoli superino la tentazione di uscire da una Chiesa imperfetta per crearsene una fatta solo di puri. La parabola del grano e della zizzania esorta a non eliminare chi è debole, a non rifugiarsi in una chiesa ideale di soli perfetti. È la tentazione degli eretici, che cadono in contraddizioni peggiori di quelle che volevano combattere. La linea tra buoni e cattivi non separa la Chiesa dal mondo, ma passa all’interno della comunità e nel cuore di ciascuno di noi. La mentalità integrista, l’impazienza di chi si ritiene giusto, la brama di uscire da una comunità anche peccatrice nascono dall’orgoglio e dalla paura. Come ha concluso don Benedetto: «Al discepolo deve bastare la certezza che a suo tempo Dio interverrà e trionferà sul male. La Chiesa ha un campo aperto al sole e al vento, alla pioggia e alle bufere, al buon seme e anche alla zizzania. Più che condannare gli altri, bisogna vigilare su se stessi e lavorare pazientemente perché il bene trionfi». Dopo queste note introduttive, don Rossi ha lasciato la parola direttamente al testo di Matteo 2,13-23, sulla fuga in Egitto, compiendo una lectio divina propriamente detta. In finale è stato lasciato ampio spazio alle domande dei presenti.

