Sveglia presto… Pensavo di essere pronto a godermi la giornata che mi attendeva a Roma, in compagnia della parrocchia di Ponte a Egola guidata da don Federico Cifelli. Ma in verità, quando molta benevolenza ti arriva addosso, non è mai facile calcolarla o ponderarla. Inizialmente non dovevo nemmeno essere presente al Giubileo delle diocesi toscane ma all’ultimo sono stato aggiunto al posto di qualcun altro, oltre ad essere stato servito e pagato per il viaggio.
Così mi sono ritrovato con un pellegrinaggio «da fare con il cuore», in compagnia della mia ragazza e dei suoi genitori. Non ero pronto a così tanta bellezza, non ero pronto nemmeno alla notizia data per l’ora della colazione: «Porterai l’offertorio all’altare e sarai sul sagrato vicino ai nostri amici consacrati e al Papa!». Sì, quando si tratta di essere travolto dalla grazia non si riesce mai, mai, mai a ridarla indietro con la solita quantità e qualità. È qualcosa che precede ed eccede ogni sorta di personale volontà, quindi non rimane altro che rimanere «in scia» del dono offerto. Insomma, arrivati a Roma dopo qualche oretta di viaggio, ho notato subito la cupola di San Pietro e in qualche maniera mi sono sentito a casa, abbracciato da Santa Madre Chiesa ancora una volta (e questo senza nemmeno essere arrivato all’abbraccio del colonnato del Bernini). Eravamo piuttosto vicini come postazione e potevamo goderci benissimo la celebrazione insieme al nostro gruppo, presso la discesa che si accosta alla Porta Santa.
Ma il mio posto era altrove. Le prime prove per l’offertorio, le prime amicizie, i primi abbracci a persone conosciute nel tempo fra le «mura del tempio» e i chiostri sparsi per l’Italia. Ho ritrovato fraternità; fratelli e sorelle di varia carica e colore, tutti in medesima attesa dell’intervento di papa Leone e della Messa. Dopo il bellissimo saluto del Santo Padre ai fedeli, ci siamo messi in ascolto di una parola forte, decisa, mite e lungimirante del donataci dal Vescovo di Roma.
«Una Chiesa presso Dio, una S Chiesa presso l’uomo» ha ribadito, toccando temi diversi come il lavoro precario, il calo delle vocazioni, nuove spinte per la catechesi, nuove idee per l’evangelizzazione giovanile e, come meta ultima (e non ultima meta): i poveri, che sono «segno dei tempi» in questo tempo difficile, ribadito nell’esortazione apostolica Dilexit te. Dopo di ciò abbiamo partecipato alla Messa, celebrata dal cardinale Lojudice. È stato emozionante arrivare davanti all’altare e ammirare da una prospettiva così unica l’intera piazza popolata da pellegrini come me; un’emozione che si lega ad un sentimento di gratitudine e bene, maturato negli anni dentro la Chiesa Cattolica. Al termine della celebrazione, iniziata e terminata con musiche meravigliose, ci siamo incamminati tutti verso la Porta Santa.
L’attesa, la preghiera ed il silenzio prima dell’entrata è stata fondamentale per vivere in pieno un viaggio fatto con testa e cuore, non come semplice turista. La basilica lascia senza parole, c’è solo Il Credo da pronunciare davanti alla tomba di San Pietro; rimane soltanto la contemplazione e l’ascolto delle «proprie profondità», poiché «Dio è più intimo a noi di noi stessi» (Sant’Agostino). Uscendo da San Pietro mi sono sentito più lieto e semplice, con uno sguardo diverso sulla realtà, anche grazie a una liberante confessione, sacramento vitale. Tornando al bus, con questo grande senso di gratitudine, ho fatto memoria del mio battesimo e delle responsabilità che mi aspettano al rientro a casa. Sono pronto per ridare indietro ciò che di bello e di buono mi è stato donato da questa giornata, per continuare a trovare amicizia e solidarietà nelle realtà ecclesiali che popolano il territorio e le vite di molti.