In questi giorni il vescovo Andrea sta visitando i campi scuola e gli oratori estivi organizzati da parrocchie, movimenti e associazioni della nostra diocesi. Si tratta di situazioni che offrono opportunità uniche d’incontro e conoscenza con i ragazzi e i loro educatori, nelle quali viene espresso un punto di forza e di eccellenza della pastorale della nostra diocesi.
È una lunga estate quella del vescovo Andrea, intessuta di visite quasi quotidiane (talvolta anche due al giorno) ai campi e agli oratori estivi tenuti da parrocchie, associazioni e movimenti della nostra diocesi. Una ricerca dei giovani appassionata, inesausta, che non segna il passo nemmeno in queste giornate torride di sole che non perdona.
Ormai è una tradizione, che si rinnova dal 2016, dalla prima estate di monsignor Migliavacca a San Miniato. E proprio in questi giorni il nostro vescovo sta raggiungendo (e raggiungerà) i campi scuola dell’Azione Cattolica a Gavinana, i campi Shalom a Fivizzano, i campi delle parrocchie di Perignano e Ponsacco, l’oratorio estivo di San Miniato Basso, così come i vari campi scout disseminati per il territorio diocesano. Imprevisto e simpatico il fuori programma che i campi estivi “Sant’Anna” di Orentano, organizzati dalla Fondazione Madonna del Soccorso, hanno riservato al nostro presule, dove i bambini hanno invitato monsignor Migliavacca a cimentarsi in un giro a cavallo nel bioparco annesso alla Casa di riposo «Madonna del Rosario».
Si tratta di situazioni che offrono opportunità uniche d’incontro e conoscenza con i ragazzi e i loro educatori. In queste occasioni una parrocchia rinvigorisce e consolida anche la propria forza educativa, coinvolgendo nella suo agire i giovani stessi. «Credo che la diocesi di San Miniato abbia nei giovani una bella risorsa – sottolinea il vescovo stesso -. E non solo in quelli che frequentano la Chiesa. La presenza dei giovani è carica di valori, di dedizione, di autenticità. Seguendo l’insegnamento dell’esortazione apostolica “Christus vivit” di papa Francesco, la nostra Chiesa e la nostra società dovrebbero provare a raccogliere di più lo stimolo della presenza dei giovani e del loro servizio, e trovare uno spazio per loro».
E proprio osservando l’attenzione con cui il vescovo cerca questi giovani, gli abbiamo chiesto qual è la speranza di fioritura che può nascere da questo impegno pastorale-educativo.
«Per me – ci dice ancora monsignor Migliavacca – poter incontrare giovani e ragazzi rappresenta ogni volta un piacere e un motivo di grandissima gioia. Le innumerevoli parrocchie e associazioni che si sono spese per organizzare campi scuola, raccontano la ricchezza delle nostre realtà ecclesiali come “portatrici sane” di idee pastorali tagliate su misura per i giovani. Trovo poi di grande valore che come educatori e animatori, siano coinvolti altri giovani che fanno un loro cammino formativo per vivere questo servizio. Siamo qui davvero in presenza di una delle dinamiche pastorali più fruttuose della nostra diocesi, ed è un dono per me poter essere presente a queste realtà in questi momenti, poterle incontrare come vescovo e come amico. Le attività estive poi, quest’anno in particolare, esprimono il coraggio post-Covid delle realtà che le hanno organizzate, che hanno dovuto osservare normative scrupolose. Ma ne è valsa la pena, proprio per l’alto valore formativo che queste iniziative esprimono. Per questi ragazzi, dopo mesi di “distanziamento”, poter vivere esperienze di questo tipo è una opportunità preziosa. Riguardo al frutto e alla speranza di fioritura… direi che il frutto è nell’evento stesso. Nel riconoscere cioè che nella nostra Chiesa locale c’è una presenza di giovani e ragazzi positivi e carichi di disponibilità. Sono loro la ricaduta già evidente nelle realtà che organizzano e promuovono queste iniziative. Tutto questo è segno di grande speranza perché ci dice varie cose: innanzitutto che ragazzi e giovani disposti a mettersi in gioco e ad essere autentici se ne trovano ancora. C’è poi un ulteriore elemento di grande portata, ed è il fatto che dietro a questa gioventù si coglie la presenza e la responsabilità delle famiglie che li inviano a fare i campi e gli oratori. È come una raggiera che si estende e che coinvolge soggetti sempre più a largo orizzonte. Certamente poi lo sguardo per il futuro è quello di pensare che questi ragazzi e giovani saranno il domani della nostra Chiesa e che dedicandoci a loro oggi, ci stiamo in realtà dedicando a noi, perché ci dedichiamo alla vita della nostra stessa comunità. Il mio auspicio finale è allora che da queste esperienze e da questi incontri nascano delle belle vocazioni alla famiglia, alla vita consacrata e al sacerdozio».