Nella splendida cornice della storica biblioteca del Seminario Vescovile di San Miniato si è svolta, sabato 28 Maggio, una eloquente, cattedratica relazione del professor Giuseppe Buffon, frate francescano, docente di Storia della Chiesa alla Pontificia Università Antonianum di Roma e direttore scientifico del progetto di ricerca: «Verso una rete internazionale per l’ecologia integrale», sul tema «Francesco ecologista: attualità o anacronismo?».
Dopo il saluto, via video, del nostro vescovo Andrea, la professoressa Laura Baldini ha introdotto la conferenza organizzata dall’Associazione Culturale Arco di Castruccio, dalla Fondazione Istituto Dramma Popolare di San Miniato e dalla Fondazione Centro Studi sulla Civiltà del Tardo Medioevo. Riccardo Bigi, giornalista di Toscana Oggi, ha moderato l’incontro individuando, focalizzando ed arricchendo, nell’alta relazione di padre Buffon, alcuni concetti di realismo attuativo.
Francesco, vissuto nel 1200, in pieno medioevo – un tempo molto lontano dal nostro in cui le trasformazioni tecnologiche hanno completamente sovvertito cultura, vita pratica e tradizioni, un «periodo buio», come viene sbrigativamente definito, – può essere considerato ancora un uomo di attualità o un uomo fuori tempo?
Parlando di Francesco d’Assisi riferendosi solo al famoso Cantico delle Creature si può incorrere in una limitata appendice del suo vero stile di vita e di pensiero, cadendo in un romanticismo, frutto solo di sentimenti, emozioni, poesia, senza considerare concettualmente il suo obiettivo finale: vivere nella bellezza del creato, glorificando, ringraziando Dio, di questo dono che Lui ha donato all’uomo. È una grande offerta, ma quanta responsabilità implica per la sua custodia, per il suo sano sviluppo nell’integrità di ogni specie che la compone!
Prima di entrare nei dettagli delle tematiche da svolgere, il professor Buffon ha esordito con una avvincente panoramica, a 360 gradi, sulla situazione ambientale del nostro pianeta, toccando tutte le sue problematiche. Ha iniziato dal discorso di papa Francesco in occasione del primo Viaggio N Apostolico in Brasile, in relazione a quanto la Chiesa fa in Amazzonia, invitando tutti a riflettere su quello che il Santo Padre ha detto a Aparecida richiamando al rispetto e alla custodia dell’intera creazione che Dio ha affidato all’uomo non perché la sfrutti selvaggiamente, ma perché la renda un giardino: «L’Amazzonia è per tutti una prova decisiva per verificare se la nostra società, quasi sempre ridotta al materialismo e al pragmatismo, è in grado di custodire ciò che ha ricevuto gratuitamente, non per saccheggiarlo, ma per renderlo fecondo».
Per dare una valente risposta, in senso globale, a questo, occorre una connessione tra tutti i popoli, un loro collegamento, una loro stretta unione di intenti e di azioni, che si traduca in una questione culturale, in una cultura generale delle risorse naturali, in una maggiore omogeneità della cultura d’impresa attraverso un miglioramento delle risorse umane, rendendole più sensibili ai mutamenti dei processi produttivi ed organizzativi. È un forte richiamo ad analizzare modi e forme, non partendo dall’alto delle responsabilità settoriali, ma dal basso e rendendo la popolazione protagonista e non spettatrice. Ecco le tre parole cardine che segnano il cammino: Terra, Impresa, Polis.
La Terra, come casa comune, offre la propria cura alla vita e ne accompagna lo sviluppo fino al maturo compimento; essa è madre, ed elargisce all’essere umano l’alimento per la sussistenza nonché l’ispirazione per nutrire il genio artistico, culturale e scientifico; essa è sorella e apre gli spazi di incontro dove «maturare relazioni a sostegno della fraternità e sororità umana universale». Le economie devono valutare la sostenibilità e vulnerabilità, trasformandole in funzione di una ecologa integrale di cui Francesco d’Assisi è un modello.
Specializzarsi in ecologia integrale è fare del lavoro, dell’impresa un luogo educativo, dove convergono, in sinergie, le risorse offerte dalla Madre Terra, attraverso la genialità tecnico-scientifica propria dell’intelligenza umana. Il mondo della produzione umana deve essere accompagnato e sostenuto da una Polis, a sua volta retta da una governance per la pace, antidoto a ogni disuguaglianza. Un’ecologia integrale è quindi una proposta formativa, innovativa, strutturata alla luce della consapevolezza che tutto è connesso, con l’obiettivo di giungere a una visione sistemica, capace di avviare processi, individuare nessi, innescare sinergie, per la trasformazione delle abitudini, mentalità ed organizzazioni.
La matrice per giungere a questo obiettivo ce la offre papa Francesco nell’enciclica Laudato sì, esponendo concetti di ecologia e dottrina sociale, su lavoro, ambiente e bene comune, invitando la politica a un programma integrale per una governance inclusiva. Una particolare attenzione è stata data all’inquinamento culturale, alle catastrofi ambientali ed emergenze umanitarie, alle città sostenibili con pericoli da sconfiggere, alla maggiore razionalità nello scegliere luoghi adeguati per le industrie, per i loro prodotti inquinanti, ed una nuova concezione dello spazio urbano, con una attenta e sostenibile urbanizzazione.
Cosa testimonia Francesco d’Assisi in tutta questa ecologia integrale? È la domanda che ognuno si pone e alla quale papa Francesco risponde nella sua enciclica Laudato sì: «La testimonianza di Francesco ci mostra anche che l’ecologia integrale richiede apertura verso categorie che trascendono il linguaggio delle scienze esatte o della biologia e ci collegano con l’essenza dell’umano. Così come succede quando ci innamoriamo di una persona; ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature. Egli entrava in comunicazione con tutto il creato e predicava persino ai fiori “e li invitava a lodare ed amare Iddio, come esseri dotati di ragione”. La sua reazione era molto più che un apprezzamento intellettuale o un calcolo economico, perché per lui qualsiasi creatura era una sorella, unita a lui con vincoli di affetto. Questa convinzione non può essere disprezzata come un romanticismo irrazionale, perché influisce sulle scelte che determinano il nostro comportamento. La povertà e l’austerità di San Francesco non erano ascetismo solamente esteriore, ma qualcosa di più radicale: una rinuncia a fare della realtà un mero oggetto di uso e di dominio».
Molto interessanti sono state anche le citazioni di pensieri dei papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, dei filosofi Joseph Görres, Croce, Sabatier, Quintavalle, seppur nella diversità di alcune visioni storiche e di contenuti interpretativi, sulla figura umana e religiosa di Francesco d’Assisi.
Si chiedeva Giovanni XXIII il 4 ottobre 1964 sulla tomba del Poverello: «Perché Iddio ha dato ad Assisi questo incanto di natura, questo splendore di arte, questo fascino di santità, che è come sospeso nell’aria e che i pellegrini e i visitatori avvertono quasi sensibilmente? La risposta è facile: perché gli uomini, attraverso un comune ed universale linguaggio, imparino a riconoscere il Creatore e a riconoscersi fratelli gli uni gli altri».
Questo è Francesco d’Assisi: è ancora attuale o fuori dai tempi? Come scrive ancora papa Francesco nell’enciclica Laudato sì al n. 10: «Credo che Francesco sia l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia ed autenticità».