Non ci siamo mai fermati, assicurando in alcuni casi una reperibilità anche sulle 24 ore, domeniche comprese».
È perentoria in esordio di racconto Nadia Magni (nella foto in basso), responsabile dei centri di ascolto Caritas per il Valdarno. Siamo andati a trovarla a San Miniato nello sdrucciolo del Duomo, in uno degli angoli più suggestivi e caratteristici della città federiciana, dove ha sede operativa la Caritas diocesana, per farci raccontare come sono trascorsi questi ultimi tre mesi.
Nadia ci accoglie nell’ampio salone voltato a crociera, collocato proprio sotto la curia vescovile e con franca cortesia ci snocciola tutta una serie di fatti che in gran parte coincidono con cifre e numeri: «Al debutto dell’emergenza – erano i primi di marzo – i magazzini dei centri di distribuzione (un po’ i nostri arsenali della carità, disseminati in tutta la diocesi) erano pressoché vuoti. Registrando di fatto quella fisiologica flessione che ciclicamente si presenta durante un anno, soprattutto nelle settimane immediatamente precedenti alla raccolta alimentare, che avrebbe dovuto esserci il 21 di quel mese. Il lockdown mettendo la serratura a tutte le attività, veniva a gettare sabbia anche in questo nostro vitale meccanismo di sostegno ai poveri. C’era il serio rischio che saltasse tutta la nostra filiera di aiuto. È a quel punto che abbiamo fatto suonare le sirene d’allarme (anche il nostro settimanale e i nostri canali social hanno fatto da cassa di risonanza, ndr) cui tante persone e realtà hanno risposto con straordinaria generosità».
Ed eccoli i numeri in tutta la loro lusinghiera schiettezza: oltre 67 mila euro ricevuti sul fondo Caritas per l’emergenza Covid a titolo di donazione. Di questi, 10 mila sono arrivati direttamente dalla Cei come contributo per l’emergenza coronavirus, il restante è stato donato da persone e privati. Sempre nel complessivo, poco più di 8 mila euro sono stati messi a disposizione dai sacerdoti della nostra diocesi che hanno attinto alla loro congrua. Una cifra quest’ultima che consentirà di creare un fondo per facilitare la ripresa del lavoro a chi l’ha perso. Nelle intenzioni di don Zappolini, direttore della Caritas diocesana, con questi liquidi saranno infatti costituite delle “borse lavoro”, piccoli contributi cui potranno attingere tutti coloro che vorranno far ripartire la loro piccola attività. Questa cifra complessiva, che hai sfiorato i settanta mila euro, è stata messa insieme come si diceva grazie a tante piccole donazioni fatte da un numero considerevole di persone. «Questo è un dato che denota una pedagogia virtuosa, che resterà certamente – dice don Zappolini stesso – una volta passato questo periodo difficile, come eredità morale per tutta la Caritas».
Nel cumulo non sono mancate neppure le donazioni oggettivamente cospicue, e tutti questi generosi elargitori hanno rimarcato il loro desiderio di restare anonimi, in ossequio al precetto del «non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra». Una bella lezione morale e civile insomma, soprattutto in tempi di rampante narcisismo sociale. In questo desiderio di fare il bene senza ricevere medaglie al valore, i singoli han fatto bella compagnia a decine di aziende che hanno, per lo più, donato pacchi alimentari. Una ditta del sanminiatese ad esempio ha consegnato ben 150 scatoloni colmi fino all’orlo di pasta, riso, olio, scatolame vario, mascherine, gel igienizzante, ecc, anch’essa con un’unica richiesta: il desiderio di mantenere l’anonimato. Già oltre 40 mila euro, di questo monte donazioni, sono stati spesi per generi alimentari e beni di prima necessità. Cosa che ha permesso di rimpinguare i magazzini, dando da mangiare a chi, in questo periodo ha fatto veramente fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. A questo proposito ci racconta Nadia, come sia stato «sconcertante registrare l’impennata delle richieste di aiuto da parte di gente che prima del confinamento riusciva a sbarcare il lunario cavandosela con lavoretti di varia natura. Da marzo le richieste di aiuto sono invece aumentate, rispetto ai nostri standard abituali, di oltre il cento per cento. Quindi più che raddoppiate. In una parola: un dramma sociale».
Poi ci racconta dell’aiuto ricevuto anche dalla grande catena della distribuzione organizzata dove è stata fatta la spesa, che ha riconosciuto alla Caritas uno sconto di oltre 4 mila euro sul saldo in fattura. Senza considerare l’imprecisato numero di quintali (forse tonnellate!) di spesa portata «pedibus calcantibus» dai singoli nei quattro grandi centri di raccolta di Ponsacco, Santa Croce, Fucecchio e San Miniato Basso. Fatto che tradotto ci testimonia di centinaia di persone che si son assunte il sacrificio di fare una spesa per poi donarla, e sappiamo tutti cosa abbia significato, ancora in questi giorni, ottemperare al disciplinamento messo in atto per l’accesso a un supermercato. A questi privati cittadini si sono inoltre affiancate realtà e associazioni, anche non strettamente collegate al mondo ecclesiale, che hanno fatto a loro volta raccolte di generi alimentari. «Insomma – prosegue Magni – si è mossa una enorme macchina del bene, che ha fatto appello anche ai buoni spesa, e che ha fatto in modo che nessuno sul territorio restasse privo del necessario». Sostanzialmente analogo è il racconto di Orietta Bacci, coordinatrice delle attività Caritas per la Valdera dalla centrale di Ponsacco, dove l’emergenza di questi mesi ha portato alla nascita del progetto «Caritas young», un’iniziativa fortemente voluta da don Armando Zappolini e nata grazie all’entusiasmo di una pattuglia di ragazzi che stanno dando anima e corpo col desiderio di spendere qualche ora a settimana per aiutare gli altri. In un momento in cui i volontari tradizionali (per lo più anziani) venivano prudentemente lasciati a casa per evitar loro il pericolo del contagio, questi ragazzi hanno creato un vero e proprio centro di distribuzione alimentare d’emergenza nell’ex sala stampa parrocchiale vicina alla chiesa di Ponsacco. Qui, tre volte a settimana (il lunedì, mercoledì e venerdì), questi giovani si riuniscono in piccoli gruppi e si spartiscono i compiti come la raccolta dei generi alimentari invenduti di un discount del territorio, il ritiro del pane offerto da una panetteria locale e naturalmente la raccolta della spesa portata dalla gente e il confezionamento dei pacchi alimentari.
Stiamo venendo fuori da un periodo difficilissimo, nel quale, con tenacia e fantasia, la Caritas diocesana è riuscita a scrivere alcune delle pagine più belle della sua storia recente. «Se questo è accaduto – è ancora Nadia Magni a parlare – è anche grazie al contributo di tante nuove giovani leve, che fino a tre mesi fa neppure sapevano dell’esistenza della complessa officina della carità attiva nei nostri centri di distribuzione e ascolto. Esattamente come accaduto per quella ragazza a cui una settimana prima del lockdown era stato fatto un contratto come addetta in aeroporto e che, messa a casa, non ha accettato di starsene in ozio e in una bella giornata di aprile si è presentata a uno dei nostri centri di distribuzione per rendersi utile: “Mi sono sentita estremamente fortunata – ci ha raccontato – a trovare un lavoro proprio una settimana prima che scattasse la quarantena. Appena l’emergenza sarà finita mi richiameranno. Nel frattempo vorrei idealmente pagare il mio pegno con la fortuna, donando una parte del mio tempo a chi non è stato fortunato come me, perché magari il lavoro lo ha perso definitivamente”».