Ero un giovane studente universitario quando, nel retrobottega della libreria salesiana di Piazza dei Miracoli a Pisa, trovai un vecchio doppio LP intitolato Mysterium Catholicum di Nino Rota. Lo acquistai e, dopo aver ripulito con cura i vinili – ridotti in condizioni pietose – riuscii ad ascoltare questo capolavoro dimenticato nella sua prima esecuzione, registrata ad Assisi il 29 agosto 1962. Già leggenda del cinema per le sue indimenticabili colonne sonore, Rota ricevette la commissione di quest’opera dalla Pro Civitate Christiana, all’interno di un progetto in cui diversi compositori erano invitati a cimentarsi ciascuno con un articolo del Credo. A lui fu affidato quello sulla cattolicità della Chiesa. Il bellissimo testo latino fu curato da Vincenzo “Vinci” Verginelli, che esplorò questo mistero attraverso un collage di brani tratti dalla Bibbia, soprattuto dal Vangelo di Giovanni, dalla liturgia e dalla patristica.
Anni dopo, Rota scelse di cancellare l’aggettivo Catholicum dal titolo, forse per sottrarlo alla “ghettizzazione” confessionale. Non a caso, il CD del 1993 – che ha il merito di recuperare alcune parti assenti nell’edizione in vinile presenta il titolo mutilo: Mysterium. Al di là delle successive riletture in chiave laica (persino esoterica o massonica), fatte alterando le soglie dell’opera, questa cantata – o oratorio che dir si voglia – resta una delle più luminose testimonianze di fede tradotta in arte nel cuore del Novecento.
L’organico prevede orchestra, quattro solisti, coro e pueri cantores. La prima esecuzione fu affidata al maestro Armando Renzi, allora direttore della Cappella Giulia in Vaticano. Delle sette parti che compongono l’opera, le prime due hanno come fulcro il Mistero eucaristico. L’incipit evoca l’Incarnazione del Verbo attraverso due versetti del Prologo di Giovanni (1,1 e 1,14), sapientemente accostati. Dagli iniziali toni cupi dell’orchestra – quasi un abisso primordiale – si innalza una marcia incalzante: «In principio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum» (In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio), per giungere a un climax “fragoroso” di coro e strumenti, che lascia spazio a un passaggio più meditativo sull’Incarnazione: «Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis» (E il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi). Il basso solista non è un semplice narratore in questa prima parte dell’oratorio ma diventa la voce stessa di Cristo che declama le parole del discorso sul Pane di vita (Gv 6). Per “rivestirle” di musica Rota, lontano dalle asperità delle avanguardie contemporanee, attinge alla sua esperienza come autore di colonne sonore, fondando la partitura su un linguaggio tonale e di immediata comunicatività.
Gli interventi del coro amplificano il legame tra Eucaristia e risurrezione: «Qui manducat meam carnem et bibit meum sanguinem habet vitam aeternam, et ego resuscitabo eum in novissimo die» (Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno). Le trombe del Giudizio, che riecheggiano le fanfare del Requiem verdiano, sottolineano questo passaggio, prima di lasciare spazio a una nuova meditazione affidata al basso sul Pane disceso dal cielo.
Il culmine emotivo giunge con «Unum panem frangimus» (Spezziamo un solo pane) – tratto dalla Lettera agli Efesini di Sant’Ignazio di Antiochia – uno dei momenti più intensi dell’opera, che Rota stesso trascrisse per voci pari e organo. Qui si tratta di un canone a voci dispari, coronato dall’intervento trascendentale delle voci bianche. Nella seconda parte, è il contralto a dare voce alle parole di San Paolo ai Corinzi: «Omnes eandem escam spiritalem manducaverunt et eandem potionem spiritalem biberunt» (E tutti mangiarono lo stesso pane spirituale e tutti bevvero la stessa bevanda spirituale), su un impianto armonico e timbrico che fa tesoro della Sinfonia di Salmi di Stravinskij. Lascio al lettore il compito di proseguire e approfondire l’ascolto di questo tesoro nascosto in cui Nino Rota, che non era cattolico, offre ai credenti, non sempre memori della centralità del Mistero eucaristico, la possibilità di contemplarlo con occhi nuovi, guidati da una musica ancora capace di parlare a tutti.