«Calunniate, calunniate, qualcosa resterà», recitava una vecchia frase che incitava a gettare discredito sulla religione cattolica. Passano i secoli e le cose non cambiano.
In seguito all’uscita del segretario regionale del Partito Comunista Sale, che in prossimità del 77° anniversario della Strage nel Duomo, ha dato del «fascista» a monsignor Ugo Giubbi, è tornata purtroppo alla ribalta una delle diffamazioni più vergognose e dolorose della nostra storia locale e non solo: l’attribuzione della responsabilità dell’eccidio all’allora vescovo di San Miniato.
Una calunnia, diffusa con astuzia a livello popolare a poche ore dall’immane tragedia, che ancora resiste, anche di fronte alla verità della storia e alla palese assurdità di attribuire al vescovo una volontà omicida verso il suo popolo, sulla base unicamente di pregiudizi ideologici.
Non è un caso se l’accusa nei confronti di Giubbi non fu mai formalizzata, ma rimase e rimane un’ignobile diceria volta solo a denigrare la sua memoria.
Sarebbe oltremodo necessaria una definitiva e ufficiale presa di distanze da parte della comunità civile sanminiatese dalla calunnia sotto il cui peso monsignor Giubbi morì nel 1946 ed è stato additato per tanti anni all’esecrazione pubblica.
Già nel ‘54 il canonico Giannoni, testimone del cannoneggiamento americano su San Miniato, dalle colonne del «Mattino» tentò di chiarire il reale svolgimento dei fatti, ovvero che fu un proiettile alleato ad esplodere nel Duomo. Lo stesso Giannoni si prodigò per tutta la vita a far conoscere la verità sulla strage. Dopo 50 anni il Comune istituì una commissione storica sui fatti del Duomo che confermò gli studi pubblicati da storici locali supportati dai commenti autorevoli di grandi firme come Paolo Mieli e Franco Cardini, che dimostravano l’insostenibilità della responsabilità tedesca nell’eccidio. Neanche allora però si sentì l’esigenza di riconoscere pubblicamente l’innocenza di monsignor Giubbi.
A distanza di quasi ottant’anni da quei terribili giorni è più che mai necessario chiudere definitivamente questo capitolo vergognoso e doloroso della storia locale, guardando con serenità ai fatti che ormai la storia ci ha consegnato e riconoscere e chiedere scusa al vescovo Giubbi, che può essere considerato la cinquantaseiesima vittima innocente della strage nel Duomo.