L’esperienza del Cammino sinodale è cercare di dirci che cos’è l’essenziale e intorno a questo tentare di arrivare a prendere delle decisioni comuni», queste le parole con cui monsignor Valentino Bulgarelli ha sintetizzato il fulcro del grande evento che la Chiesa in Italia sta vivendo. Se n’è parlato la sera di martedì 10 dicembrenella chiesa di S. Andrea a Santa Croce sull’Arno, in occasione del secondo incontro di formazione per tutti i fedeli della diocesi. Monsignor Bulgarelli, presbitero della diocesi di Bologna, che tra gli altri incarichi ha quello di segretario della commissione che si occupa proprio del Cammino sinodale, ha offerto un punto di vista privilegiato sull’evento ecclesiale all’indomani dellaprima Assemblea sinodale nazionale (Roma, 15-17 novembre). Ripercorrendo le tappe che hanno portato a questo evento ha ricordato come il 30 gennaio 2021, durante un’udienza all’Ufficio catechistico nazionale, papa Francescodisse che era giunto il momento di intraprendere un «processo sinodale», specificando che che sarebbe stato «un momento di catechesi». Catechesi intesa non in senso riduttivo, esclusivamente come iniziazione cristiana dei bambini, ma nella sua finalità principale che è quella di far sì che i contenuti della fede tocchino la vita delle persone. Papa Francesco richiedeva quindi un processo sinodale in cui l’esperienza cristiana tornasse a incontrare la vita. Il 30 aprile successivo, in occasione dell’assemblea nazionale di Azione cattolica, il Papa tornò sull’argomento e parlò di un «cammino sinodale» (non più processo ma cammino) come momento di ascolto dello Spirito.
Dopo questi primi due primi accenni rivolti alla Chiesa italiana, il 19 maggio 2021 il Papa stesso convocò un Sinodo dei vescovi sulla sinodalità: «A quel punto – ha notato monsignor Bulgarelli – il quadro è diventato estremamente chiaro. L’esperienza che stiamo vivendo ha un respiro universale, è un momento dell’intera Chiesa nel mondo».
A partire da lì, i vescovi italiani hanno costruito un percorso di due anni per l’ascolto, un anno per fare discernimento e un anno «L’ per cercare di arrivare a delle decisioni. Il feedbacksul lavoro svolto nelle diocesi si è concretizzato nelle relazioni, per un totale di circa 2.500 pagine, che in questi tre anni sono state lette attentamente. I temi contenuti nei Lineamenta, discussi nella recente assemblea sinodale, approvati dai vescovi e su cui torneremo a confrontarci nei prossimi mesi nelle diocesi, sono il frutto dell’ascolto e del discernimento di questi ultimi anni, riportato con assoluta trasparenza. Da essi emerge il desiderio di una Chiesa capace di essere prossima, vicina alle persone, una Chiesa missionaria. A differenza di quanto è accaduto in altri contesti ecclesiali a livello europeo, in Italia non ci sono state rivendicazioni, ha confidato monsignor Bulgarelli: «Devo riconoscere un bellissimo volto della Chiesa in Italia, che ha fatto delle richieste limpide, profonde». È emersa la necessità di rinnovare la mentalità secondo uno stile missionario e la prassi pastorale, uno stile di prossimità che chiede di darsi una nuova forma(così dev’essere interpretato il tema della formazione) e la sfida della corresponsabilitàper cui tutti, nella diversità dei carismi e ministeri, si sentono responsabili dell’annuncio, della liturgia, della vita fraterna. Queste traiettorie sono declinate nel testo dei Lineamentache ci sarà consegnato nei prossimi giorni per il lavoro da svolgere nelle diocesi in vista della seconda assemblea sinodale: «Perdeteci un po’ di tempo, – ha chiesto Bulgarelli – vedete che cosa c’è dentro, perché è il frutto di tre anni di ascolto e discernimento, ne vale la pena. E anche perché – ha aggiunto questo è il momento di partecipare. Se non ora, quando?».
Non sappiamo dove ci porterà questo cammino, ha ammesso il relatore, ma ha aggiunto che «la fede cristiana non è un codice a barre, è vita, è esperienza e, come tale ha degli alti e bassi. Anche nei Vangeli troviamo questi su e giù continui dei discepoli». Dobbiamo in ogni caso fare una scelta di campo: o assumere una faccia triste e continuare a lamentarci dei giovani che non ci sono, delle famiglie che non si lasciano coinvolgere, dei bambini che non sono interessati a quello che proponiamo, o gioire per uno o due adulti che tutti gli anni chiedono il Battesimo. Dobbiamo sciegliere, insomma, tra una Chiesa triste e una Chiesa che sa riconoscere le novità. «Non è vero che il Vangelo non interessi più – ha poi incoraggiato monsignor Bulgarelli – , interessa sempre perché parla della vita. Se però le strutture che abbiamo a disposizione non catturano più l’attenzione delle persone, vuol dire che dobbiamo cambiarle. E le strutture si possono cambiare».
Un problema non irrilevante, ha segnalato poi monsignor Bulgarelli, è la crisi della fiducia. Prima ancora che la fede in Dio, è entrata in crisi la fiducia antropologica: non ci si sfida più l’uno degli altri. Per noi questa è una questione cruciale perché il credere si basa tutto su un atto di fiducia: mi fido del prete, del catechista, degli uomini e delle donne che incontro nella comunità. È quindi fondamentale recuperare una catena di fiducia all’interno della Chiesa e anche tra la Chiesa e il mondo. Per far questo, secondo monsignor Bulgarelli, occorre cambiare alcuni atteggiamenti: si tratta anzitutto di superare la «cultura dell’alibi», che porta a dare la colpa sempre a qualcun altro per le cose che non vanno, quando tutta la comunità – come abbiamo detto – è corresponsabile di ciò che si fa. In secondo luogo, occorre valorizzare le relazioni umane con le persone che si affacciano alla vita della comunità, essere cordiali, interessarsi alle situazioni e ai bisogni degli altri. Infine, non dobbiamo mai dimenticare il pricipio della conversione, per cui ogni persona può cambiare. «Credo che intorno a questi tre passaggi- ha detto Bulgarelli – possiamo immaginare un orizzonte nuovo e diverso».
L’assemblea sinodale di marzo dovrà riuscire a capire qual è la leva che permetta questo un di passo. Non si tratta di buttare tutto all’aria, di cambiare tutto, come qualcuno teme. Bulgarelli qui ha citato Steve Jobs: «Quando chiedi a un creativo come ha fatto una data cosa, non te lo sa dire perché l’ha semplicemente vista e l’ha realizzata». Le comunità cristiane devono tornare ad essere creativein questo senso, cercando di connettere il Vangelo con la vita delle persone. «Il primo creativo – ha ricordato monsignor Bulgarelli – è il Dio in cui crediamo, che ha connesso e riconciliato gli opposti: morte e vita, peccato e perdono, isolamento e comunione». Al termine il realtore è tornato sulla chiave di lettura del Cammino sinodale: «Smetterla con i percorsi paralleli e cercare di lavorare insieme per l’essenziale. E l’essenziale è dire a ognuno che c’è un Dio che lo sta cercando: “Ecco io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce, io entrerò, cenerò con lui ed egli con me”. Non si tratta soltanto di cambiare alcune cose, ma di appropriarci di quell’esperienza che ci ha portato ad essere qui, ad essere Chiesa, a metterci in cammino, non singolarmente ma insieme».