L’annuncio è stato diramato lo scorso 15 settembre, in contemporanea nella Curia vescovile di San Miniato, nella Cattedrale di Arezzo e nella Sala stampa vaticana. Il vescovo Andrea farà l’ingresso nella sua nuova diocesi domenica 27 novembre, e resterà amministratore apostolico della Chiesa di San Miniato fino a nuova decisione del Papa. Domenica 4 dicembre è confermata l’apertura del nostro giubileo diocesano, con una celebrazione presieduta dallo stesso monsignor Migliavacca.
«Estote parati», «siate pronti», «siate preparati»… Ha scelto parole latine dal forte connotato evocativo il vescovo Andrea, in apertura del discorso alla Curia – giovedì 15 settembre a mezzogiorno in punto – per comunicare la decisione del Santo Padre di nominarlo vescovo di Arezzo, Cortona e Sansepolcro. Una frase, «estote parati» che viene dai vangeli (Mt 24,44: «State pronti, perché nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà») e che è anche motto degli scout; un motto dal quale il vescovo si è sentito fortemente interrogato in questi giorni e che interroga adesso anche ognuno di noi: «Siamo pronti?».
Monsignor Migliavacca è stato con noi, come fratello e pastore nel cammino di chiesa, per sette anni. 7 è numero che esprime la circolare pienezza della perfezione nel mondo biblico e semitico; è l’emblema del divino e dell’umano congiunti. Ma anche senza andare a scomodare gematrie o simboliche numeriche misteriose, dobbiamo essere consapevoli che, dopo sette anni, l’unico sentimento che può avere diritto di cittadinanza nei nostri cuori è quello della profonda gratitudine: gratitudine, sic et simpliciter, innanzitutto al buon Dio, che ci ha donato don Andrea Migliavacca per un settennio di felice e fertile cammino insieme. Gratitudine poi per il vescovo Andrea stesso, che sullo scorcio del quarto centenario della chiesa di San Miniato, ha voluto scrivere con noi questi anni di storia. Ringraziare non è mai scontato, né banale, è semmai la prova del nove della raggiunta maturità: gli adulti ringraziano, gli infanti domandano sempre. Certo qualche lacrima è caduta giovedì scorso in Curia, qualche respiro si è mozzato «all’apparir del vero», quando anche tanti dei presenti, a dispetto delle voci di corridoio sempre più insistenti, avevano sperato fino all’ultimo l’insperabile: ossia che il designato per la diocesi aretina fosse qualcun altro. Lo stesso vescovo Andrea era visibilmente commosso, una commozione che si è raggrumata, stemperandosi solo grazie a un lungo e affettuoso applauso che i presenti gli hanno tributato. «Essere tristi oggi è allora naturale, rientra nella natura dei fatti, ma se possibile questo avvenimento rappresenta un presidio pedagogico che ci può aiutare ancor di più a crescere umanamente e cristianamente».
Nei distacchi, negli arrivederci come negli addii, c’è sempre una misteriosa promessa di pace, e la chiave per effettuare questo passaggio ce l’ha data proprio il vescovo con alcune frasi particolarmente calibrate: «Il cammino è lo stile di chi segue il Signore e sceglie di vivere la vita andando dietro a Lui e là dove la Chiesa ci indica». E il nostro stile non può che essere quello di stare sempre «con i fianchi cinti, i sandali ai piedi e il bastone in mano» (cfr. Es 12,11). «Ricordo – ha sottolineato monsignor Migliavacca – quando al momento della mia consacrazione episcopale, il vescovo di Pavia Giovanni Giudici, mi rivolse la formula di rito: “Vuoi prestare fedele obbedienza al successore del beato Apostolo Pietro?”. La mia risposta fu senza esitazione: “Si, lo voglio”… Il nostro cammino è allora guidato dal dono dell’obbedienza, non dall’ambizione o dalla ricerca di posti secondo il proprio volere… Quando si dice di sì al Signore, nell’obbedienza e nell’affidamento alla Chiesa che ci manda, e che ho scelto di servire, pur nella tristezza del commiato, il Signore regala la pace». «È la pace che si sperimenta quando non si sceglie un posto, ma si lascia fare al Signore e a colui di cui egli si serve per vivere il mandato, il nostro Papa. E a papa Francesco va adesso la mia gratitudine per la fiducia accordatami».
Nel suo discorso monsignor Migliavacca ha richiamato anche un ventaglio di pensieri di forte connotato emotivo: Il primo, riguardo al sentimento di sorpresa e disorientamento che lo ha colto al momento della nomina.
A questo si è affiancato immediatamente un secondo sentimento per il «dispiacere – ha detto – che si prova quando nell’amicizia qualcosa sembra allontanarci… il lasciare una realtà, quella di San Miniato che sento davvero come casa e fraternità. Ma volti, storie, persone che ormai sono nel cuore dell’amicizia non si lasciano e la distanza non impedisce di certo di vivere i legami veri della vita».
Un terzo sentimento poi è per il timore di un cambiamento e insieme la percezione di una chiamata che mi raggiunge e che fa risuonare di nuovo nella mia vita la parola del vangelo: “Prendi il largo e getta le reti per la pesca…” (cfr. Lc 5,1). Un nuovo appello nella mia vita a rinnovare la sequela del Signore e vivere il servizio disinteressato nella Chiesa, il servizio al Vangelo».
Poi un pensiero particolare e toccante per la nostra diocesi, condiviso anche nel messaggio inviato ad Arezzo: «Pace anche a te Chiesa che sei in San Miniato e che mi hai accolto e custodito con grande affetto. Vi porto tutti nel cuore, in una amicizia e in una comunione che non vengono meno». E gettando lo sguardo sul futuro: «Continuiamo per un po’ a camminare insieme: nel giubileo e nel cammino sinodale. È il tempo che ci attende nelle prossime settimane nelle quali sarò tra voi come vescovo, amministratore diocesano e successivamente come amministratore apostolico».
Ricordiamo infatti che dopo l’ingresso nella nuova diocesi, che avverrà alle ore 17,30 di domenica 27 novembre, prima domenica di Avvento, nella cattedrale di Arezzo, monsignor Migliavacca resterà amministratore apostolico della nostra diocesi fino a nuova decisione del Papa. L
’ultimo pensiero, nel suo discorso in Curia, è andato alle persone che erano lì presenti… tante, per quante ne può contenere la “sala del trono”: «A voi, e tramite voi a tutta la diocesi, dico grazie! Grazie perché sento il vostro affetto, la vostra vicinanza, il sincero volermi bene e il camminare insieme. Sento l’amicizia e la fraternità. Vi prego di credere nel mio dispiacere nel lasciare come vescovo la diocesi di San Miniato che mi ha accolto da “straniero lombardo” ed è diventata per me “casa”. Mi sostengono la vostra amicizia, la preghiera, il desiderio di seguire Gesù e di fare la sua volontà. Mi affido ai santi nel cielo».