«Haec est Porta Coeli» , questa è la Porta del Cielo, così appare San Miniato al Monte guardandola da Firenze e con questa funzione è stata edificata mille anni fa la Basilica che si erge imponente sul colle boscoso sopra il capoluogo toscano: un varco per noi esseri umani dal quale intravedere la bellezza e la perfezione della Gerusalemme Celeste.
In questo modo ci è stata presentata la Basilica intitolata al protomartire Miniato dall’Abate Bernardo, guida di eccezione del nostro pellegrinaggio di sabato scorso, che ci ha raccontato la bellezza e la ricchezza spirituale, estetica e storica di un patrimonio eccezionale a pochi chilometri dalla nostra città. Una ricchezza, quella di San Miniato al Monte, della quale dobbiamo sentirci partecipi non fosse altro che per la figura di Miniato, uomo capace di dare la propria vita per la fede, testimone di quanto sia importante non smettere mai di amare.
Questo è anche l’invito che ci ha fatto il nostro Vescovo Andrea nel corso della celebrazione del pomeriggio, durante la quale abbiamo avuto occasione di pregare davanti alle spoglie mortali del santo martire di origini armene che dà il nome alle nostre due comunità e del quale, insieme, abbiamo invocato la protezione.
Due comunità unite da un nome e che da ora in avanti, grazie alla bella iniziativa promossa dalla Compagnia dei Cavalieri del Tau, c’è da augurarsi possano avere sempre più occasioni di incontro e di confronto. Dalla terrazza davanti all’abbazia abbiamo avuto la possibilità di ammirare la bellezza di San Miniato al Monte e di Firenze, dimostrazione dell’amore di Dio per il mondo, e parafrasando le parole di Giorgio La Pira mi piace pensare che noi non siamo stati semplici turisti, vacui contemplatori del passato, ma che da cristiani in pellegrinaggio ci siamo sentiti chiamati a pretendere anche per la nostra San Miniato, città e comunità cristiana, un ruolo centrale in quella «geografia della Grazia», che è dimostrazione dell’avanzata di Dio nel mondo, facendo nostro quell’invito a rilanciare, anche dalla nostra Rocca, in tutte le direzioni le speranze più alte della grazia e della civiltà.