Il motivo per cui ogni anno siamo invitati a celebrare una Giornata Mondiale dei Poveri non è soltanto quello di rafforzare le opere e i servizi in loro favore, ma soprattutto quello di metterli al centro del nostro modo di sentirci chiesa. Nelle opere e nei servizi a favore dei poveri le chiese di tutto il mondo sono da anni in prima linea: dalle metropoli colme di solitudini e di abbandoni dei paesi ricchi ai territori più desolati e poveri della terra. Ci sono punti di ascolto, residenze di soccorso, distribuzioni di medicine e di cibo, piccoli ospedali e presidi socio-sanitari che nascono dal volontariato dei cristiani, continuando quella bella tradizione che ha fatto nascere nel passato anche in Italia e in Europa le Misericordie, gli ospedali, i banchi di Mutuo Soccorso. Tante opere nate nella tradizione della chiesa hanno raggiunto un prestigio veramente importante e sono ancora oggi un riferimento di valori e di qualità sia nel campo sanitario sia in quello sociale e culturale. La scelta più significativa fatta nella chiesa su questo ambito, però, è stata quella della Caritas: I uno dei tanti risultati importanti del Concilio Vaticano II, nato dalla intuizione di Papa Paolo VI.
Da oltre cinquant’anni Caritas è presente nella chiesa e nella nostra diocesi. La Caritas ha permesso di dare un volto diffuso alle tante opere di vicinanza ai poveri, facendole nascere in ogni diocesi e in molte parrocchie, accanto alle chiese, nei locali delle canoniche e degli oratori, offrendo forse per la prima volta alla dimensione della Carità una sede istituzionale nella chiesa, senza più delegarla soltanto alle vecchie «Opere Pie» o alle associazioni di fedeli. Oggi la Caritas ha una consolidata dimensione internazionale, collabora con le più importanti agenzie umanitarie e le istituzioni, è un ponte di dialogo e di vicinanza con le altre grandi religioni dell’umanità.
Nella nostra diocesi sono diversi i servizi caritativi nei quali la chiesa locale vive la sua testimonianza evangelica: 18 sportelli di ascolto, la mensa, i dormitori notturni, i centri di distribuzione alimentare, gli sportelli sul gioco d’azzardo, gli empori della solidarietà, i progetti sociali nell’ambito dell’abitare. Davanti a tutte queste azioni concrete, però, c’è da farsi una domanda su quanto queste azioni siano condivise e sostenute dalle singole comunità parrocchiali, dai consigli pastorali, forse anche dagli stessi parroci. A volte i volontari Caritas hanno la sensazione di esercitare una delega, piuttosto che un mandato, di essere «quelli che lo fanno perché sono fissati con i poveri», senza che il loro servizio sia inserito nelle linee di una comunità che ne condivide il senso.
Il senso è quello di mettere i poveri al centro del nostro modo di essere chiesa. Un vero cambiamento di prospettiva. Il mondo visto da sotto, non appare come quando lo si vede da sopra. Basta andare in una qualsiasi metropoli o città del nord o del sud del pianeta e il mondo dal «di sotto» si apre in tutte le sue sfaccettature: quartieri bidonville contrapposte ai quartieri residenziali, gli slum con le fogne a cielo aperto contro le strade pulite e ordinate… Dobbiamo liberarci da quell’approccio buonista e assistenziale che ci fa osservare i poveri nel loro tugurio e domandarci invece come loro vedono noi e il nostro modo di vivere. E farci disturbare dal loro sguardo. Nel nostro rapporto con i poveri dobbiamo anche fare giustizia nella memoria e nelle parole. Mettere al centro i poveri significa, come diceva Papa Francesco, anche «percorrere la via della giustizia perché le disuguaglianze sociali possano essere superate e sia restituita la dignità umana così spesso calpestata»: il nostro silenzio contro le ingiustizie e i sistemi economici che le provocano ci rende complici di chi le esercita e non bastano certo le «elemosine» che possiamo fare per mettere a posto la nostra coscienza. Occorre, perciò, agire «un differente approccio alla povertà» che ci renda testimoni e profeti, uomini di azione e presenti nelle situazioni di fatica, con voci che si alzano per indicare le strada e denunciare le ingiustizie. Tutto questo ci renderà capaci davvero di incontrare nei poveri il volto di Gesù e di sentire che amarli vuol dire incontrare Lui e farci riempire dalla pienezza della sua vita e della sua gioia.

