Dopo la “riscoperta” dell’apparato campanario del Duomo prosegue il viaggio attraverso questi antichi, quanto semplici, strumenti “sonori” che, per secoli, hanno scandito la vita degli uomini nel territorio sanminiatese. Forse non tutti sanno che il santuario del Ss. Crocifisso di Castelvecchio, costruito sotto il vescovo Poggi fra il 1706 e il 1718, ha una campana. In verità è molto piccola, viene suonata solamente nelle solennità legate al Ss. Crocifisso, dunque solamente durante l’annuale ostensione, e in particolari occasioni. Per di più è quasi nascosta. Infatti la campana non si trova in posizione ben visibile, ma sorretta da un modesto campanilino a vela, situato sulla cuspide del braccio tergale della chiesa. In pratica, per vederlo, occorre “aggirare” l’edificio e andare sul retro.
La campana fu donata all’oratorio nel 1718, dunque proprio alla conclusione dei lavori di costruzione avviati nel 1705, dal nobile sanminiatese Gioacchino Ansaldi. Reca la seguente iscrizione: «Ioachinus Ansaldi Patritius Miniatensis In Honorem Iesus Christi Crucifixi, B.M.V. Dolorosae, Et Divi Antonii Palavini, An. MDCCXVIII». Dunque è dedicata a Gesù Cristo Crocifisso, alla Beata Vergine Maria “Addolorata” e a Sant’Antonio di Padova, le cui effigi sono raffigurate sul mantello della campana, assieme allo stemma Ansaldi e alla croce dei Cavalieri di Santo Stefano, sodalizio a cui appartenevano. Mentre la corrispondenza fra la Madonna “Addolorata” (ai piedi della Croce) e il Crocifisso è abbastanza facile ed immediata, più difficile appare il collegamento con Sant’Antonio di Padova. Proprio a quest’ultimo sembra essere attribuita la volontà di non voler conoscere, amare e abbracciare altri che Gesù crocifisso, ma la motivazione, probabilmente, è da individuarsi semplicemente in una particolare devozione personale dello stesso Gioacchino Ansaldi.
La campana fu fusa in Lucca, da Carlo Francesco Berti, abile lavoratore di metalli che, nella sua apprezzata carriera artigianale, tra le altre cose, fuse anche una campana per la Torre di Pisa. Lo stesso Gioacchino Ansaldi negli anni successivi promosse innumerevoli interventi presso il Santuario che gli valsero una iscrizione da parte del vescovo Torello Pierazzi alla metà del secolo successivo.