«Liturgia come relazione», la tesi dottorale di don Francesco Zucchelli, direttore dell’Ufficio Liturgico diocesano. Un lavoro che indaga il contributo in campo liturgico del cardinale John Henry Newman (1801-1890), teologo e filosofo convertito dall’anglicanesimo, elevato alla gloria degli altari nel 2019 da papa Francesco.
Rileggendo l’opera di Newman precedente alla sua conversione al cattolicesimo (1845), don Zucchelli rintraccia spunti che si rivelano anticipatori del Movimento liturgico novecentesco. Nei primi due capitoli, il lettore è aiutato a farsi un’idea più precisa della storia dell’anglicanesimo, dallo scisma di Enrico VIII fino al XIX secolo, e delle sue peculiarità dottrinali e liturgiche. In particolare viene illustrata la secolare tensione tra le sue due anime, quella cattolica espressa nel Book of Common Prayer, il testo liturgico anglicano di riferimento, e quella protestante che trova eco nei 39 articoli di religione, la confessione di fede della Chiesa d’Inghilterra.
Questa tensione raggiunge il culmine nei primi decenni dell’800, quando, con l’avanzare della secolarizzazione, la tradizionale alleanza tra chiesa e potere politico in Inghilterra si incrina, originando una crisi di legittimazione dell’autorità ecclesiastica a cui cerca di far fronte il Movimento di Oxford, di cui il giovane John Henry Newman è un esponente di spicco. Nella difesa dell’identità della Chiesa anglicana diventa fondamentale il ricorso alla Tradizione, identificata con l’antichità delle dottrine e con la prassi liturgica tramandata dal Book of Common Prayer. Nei suoi opuscoli teologici, nei suoi sermoni e negli studi patristici, Newman però si allontana progressivamente dal concetto conservatore di Tradizione per elaborarne uno dinamico, che prevede uno sviluppo nelle espressioni della fede grazie alla continua presenza e al continuo agire di Cristo nella storia. Ed è pertanto la liturgia, benché Newman non se ne occupi mai in maniera esclusiva, a svolgere una funzione centrale nella sua riflessione. Grazie alla preghiera liturgica, infatti, i credenti non solo vengono formati alla fede (lex orandi – lex credendi) ma entrano in contatto con la presenza viva di Cristo. La liturgia è il luogo che mette in relazione la dimensione storica, orizzontale dell’uomo e quella eterna, verticale di Dio; una relazione resa possibile dall’Incarnazione di Cristo e prolungata nel tempo dalla Chiesa suo sacramento.
Nel pensiero di Newman diventa centrale il principio sacramentale, per cui la Chiesa visibile funge da chiave interpretativa della storia in generale e di ogni storia personale, e si rivela come storia di salvezza in atto. Nel capitolo conclusivo della tesi, don Zucchelli cerca di individuare l’influsso di Newman sul successivo Movimento liturgico, mettendolo in dialogo con – tra gli altri – Odo Casel e Romano Guardini. L’idea dello sviluppo del dogma e della prassi liturgica, modulati in contesti mutevoli grazie alla relazione viva con Cristo, evidenzia uno snodo fondamentale, utile anche per comprendere certe polemiche attuali: il primato non appartiene a ciò che è antico, a ciò che si è sempre fatto, ma a ciò che è vero. L’apertura al Mistero, il giusto atteggiamento di adorazione di fronte a Dio, pertanto, sono il fondamento dell’ortodossia e di un’esistenza autenticamente liturgica.