«Una prima volta» è la frase con cui il vescovo Andrea ha voluto caratterizzare la cerimonia d’insediamento del nuovo parroco dell’unità pastorale di Crespina, Cenaia e Tripalle, don Marco Balatresi. Nella nostra vita, tutti abbiamo pronunciato o pensato a questa esclamazione: «Una prima volta!». Apparentemente banale, questa espressione è la descrizione basilare (nel senso etimologico del termine) di ogni avvenimento importante della nostra vita, «l’inizio di qualcosa di nuovo, l’avvio di un’esperienza».
Monsignor Migliavacca, commentando la pagina del vangelo relativa al Battesimo di Gesù ha notato quanto questa esclamazione fotografi anche le prime mosse pubbliche del Figlio di Dio: «È un rito per Lui, il battesimo di Giovanni Battista, che segna “una prima volta”». È la prima volta che Gesù si presenta pubblicamente come profeta; è la prima volta che il Battista lo indica come il Messia atteso; è la prima volta nel vangelo che la vita di Gesù è accompagnata dalla voce del Padre «Tu sei il Figlio mio, l’amato…»; è la prima volta di un segno di Gesù; è l’inizio del suo ministero pubblico. «E proprio oggi don Marco vive il «U suo “battesimo di parroco” – ha proseguito il vescovo -. Non sei don Marco all’inizio dell’esperienza di prete, quella è iniziata il 19 aprile 2008 quando sei diventato sacerdote; non è la prima esperienza di parrocchia, ricordiamo solo più vicino a noi il tuo servizio di vicario parrocchiale nell’unità pastorale di Casciana Terme e in questi ultimi anni a Castelfranco di Sotto, ma si tratta del primo passo nell’avventura di parroco. Ed è un inizio, un “battesimo”».
Il vescovo ha presentato a don Marco gli amici delle parrocchie in festa per l’arrivo del loro nuovo pastore, auspicando che siano aperte a vivere il cammino senza ricorrere al «si è sempre fatto così». Ha quindi ricordato i padri carmelitani che hanno servito quelle stesse comunità negli ultimi anni, padre Ivan e padre Selva, e ha ringraziato don Tommaso Botti che con generosità ha prestato servizio nel periodo di transizione. Nella chiesa il clima di festa si leggeva sui volti delle persone convenute nel numero consentito dalle norme sanitarie vigenti, nell’impegno dispiegato per preparare l’evento, nell’impegno profuso per rendere la parrocchiale di Crespina accogliente, nella gioia dei canti preparati ed intonati con sincero entusiasmo dal coro. «Una comunità parrocchiale – ha affermato un rappresentante delle comunità nel suo indirizzo di saluto -, piccola o grande che sia, sente la mancanza del proprio parroco, perché il parroco interpreta una figura alta nella sua particolarità missionaria, coinvolgendo tutti nella gioia come nelle sofferenze, testimone del messaggio evangelico. Umanamente è un amico, un compagno di viaggio nella vita pratica, ma è anche tutore e aiutante nella nostra vita spirituale. Ecco perché stasera siamo felici insieme alle nostre territoriali realtà, esprimendo il nostro riconoscimento ed il nostro saluto».
Un invito concreto sul piano pastorale, è stato infine rivolto al nuovo parroco dalla collettività: «Don Marco, come ci insegni, la parrocchia gioca, insieme alla scuola e alla famiglia, un ruolo importante nella formazione del giovane. È per questo che ti chiediamo impegno, idee, vita per il nostro oratorio, consapevoli che questo cenacolo è la fucina dei nostri giovani, in cui vengono forgiati, in piena libertà, i loro cuori e le loro menti. È un luogo particolare dove umanamente una comunità trova, per tutti, ricchezza di crescita per nuovi incontri, per nuove amicizie che nel confronto dialettico costituiscono, per tutti, opportunità di sviluppo e di crescita. L’oratorio quindi è fonte di coesione, di unità, di speranza ed aiuto per la vita quotidiana di ciascuno. Per questa unione, però, ci deve essere anche l’ impegno di tutti, affinché tutte le nostre tre comunità a te affidate, tutte le nostre istituzioni, le nostre associazioni di volontariato e di organizzazione del nostro tempo libero si possano trovare congiunte in progetti comuni, affinché le barriere di puerile campanilismo paesano vengano abbattute in nome ed in virtù di un obiettivo unitario: ut unum sint (perché diventi, come comunità, un’unica cosa). Caro don Marco, sei il benvenuto in mezzo a noi».
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