Il territorio di Fauglia è sempre stato un importante punto di riferimento per la nostra agricoltura locale: valide e attive fattorie costituivano il volano principale dell’economa e della finanza faugliese. Le magnifiche ville e l’assetto urbanistico intorno a queste, formavano il centro aziendale che con la loro imponenza e bellezza testimoniavano la loro positività economica.
Sabato 3 ottobre, don Giuseppe Volpi si è insediato, come parroco, in questa comunità che oggi ha perso un po’ di importanza sul mercato agricolo, ma contiene ancora vive le tradizioni di un passato ricco e proficuo per tutti. In questo contesto ambientale, la liturgia della Messa ha fatto da collante tra questo mondo esterno e la vita spirituale di cui il parroco è artefice nella custodia e nello sviluppo. La liturgia della Parola, con la lettura dal libro del profeta Isaia: «Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle» e con il vangelo secondo Matteo, narrando la parabola della vigna e dei suoi contadini: «C’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. Lo diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano», ha accompagnato don Giuseppe in questa sua nuova realtà.
Queste due letture richiamano quei valori fondamentali che sono alla radice del cristianesimo: amore, perdono, tenacia, fortezza, qualità queste che anche la terra e la vigna richiedono per donarci i loro frutti. Molte volte, nella sua pungente, ma anche idillica – in certi aspetti – omelia, il nostro vescovo Andrea ha espresso il concetto del prete testimone di amore, di preporsi sempre di più al dono dell’aiuto, della comprensione, della comunione con la propria comunità, domandandosi costantemente: «Che cosa devo fare ancora nella mia vigna che io non abbia fatto? Perché mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi?».
Si presenta la missione del prete: la vigna deve dare frutti buoni, pigne abbondanti di succo e zuccheri per convertirli, nella fermentazione, in ottimo vino. Gli ingredienti dei frutti, parafrasando, sono i mezzi che il buon Dio ha immesso nel cuore e nella mente dell’uomo, e la Chiesa, espressione alta del suo volere, attraverso la Parola evangelica, mette a disposizione per giungere alla santità di vita. La strada da percorrere verso la santità è composta da varie tappe che non tutti possono, per orgoglio e personalismo, raggiungere i rispettivi traguardi. Però, almeno quello di essere buoni e bravi cittadini che rispettano leggi e norme, e quello di vivere in grazia, attuando il messaggio di Cristo, semplice, umile, anche se molte volte, forte ed impegnativo, debbono raggiungere. Il parroco, in queste fasi di percorso, costituisce «l’attrazione» verso il suo popolo, ha affermato il vescovo Andrea, «non solo con opere sociali, importanti sì, ma non come la preghiera che è il compito essenziale del parroco». L’impatto con la parrocchia è stato festoso, gioioso, ben preparato: la chiesa di Fauglia, che è una cattedrale, era colma di persone, pur rispettando le norme anti-virus, le autorità civili e militari con tutte le associazioni presenti sul territorio, hanno manifestato, in comunione, di accettare don Giuseppe come loro parroco, come colui a cui rivolgersi per chiedere aiuto, sostegno alla loro vita non solo materiale ma soprattutto spirituale.
l saluto di don Giuseppe verso i nuovi parrocchiani è stato aperto, invitante, velato da una umana emozione, ringraziando per la loro presenza, accompagnata da felici e sincere parole che precedentemente gli sono state rivolte insieme a dei doni come per suggellare un’amicizia che col tempo venga sempre più consolidata. Don Giuseppe non poteva non ricordare i parrocchiani lasciati che «con le lacrime agli occhi» gli hanno espresso gratitudine ed amicizia, ricordandogli nella condivisione, momenti felici e meno lieti. Il prete è un missionario che mette a disposizione della Chiesa, attraverso il suo vescovo, la sua disponibilità per servire, per trasmettere la Parola, per accrescere la fede nel suo popolo, ma è anche un uomo con i propri affetti e il distacco è sempre sentito gravoso, pesante, spiacevole. Capiamo anche questo aspetto e non cerchiamo solo di ottenere aiuto ma anche di rivolgerglielo con comprensione, con gioia, con fiducia. Don Angelo Falchi, che per due mesi e mezzo ha retto questa comunità, ha salutato don Giuseppe, consegnandogli una unità parrocchiale pronta a sostenerlo e a «proseguire il nuovo cammino di fede» seppur con difficoltà del momento, ma sempre nella speranza e nella fiducia nel buon Dio.
Non è mancato il brindisi finale che le brave operatrici della Madonna del Soccorso avevano, con cura, allestito. «Chi è il sacerdote? Un uomo che sta al posto di Dio, un uomo che si è rivestito di tutti i poteri di Dio…Oh come è grande il sacerdote!».