Facciamo il PRESEPE

L’identità del Natale cristiano

di Antonio Baroncini

Dall’8 dicembre, festa dell’Immacolata, si respira un’inconfondibile aria natalizia. L’Avvento, il periodo liturgico che stiamo vivendo, ci aiuta a gustare questa atmosfera nell’attesa gioiosa della nascita di Gesù, che per i cristiani segna anche l’inizio del nuovo anno liturgico. Adventus, che in latino significa «venuta», è il tempo che simboleggia l’attesa del Signore, invitandoci alla preghiera, alla speranza, alla pace e all’amore: sinonimi autentici del Santo Natale. In questo periodo tutto si illumina – le piazze, i balconi, le vetrine dei negozi che si arricchiscono di oggetti per la scelta dei regali. Il Natale è davvero la festa delle feste. Non manca l’abete adornato da palline lucenti di svariate dimensioni e colori, tra drappi splendenti e piccole luci intermittenti che, come stelline, ricordano le grandi distese innevate delle montagne. Tutto è luce, splendore, festa.

Ma c’è un negozio particolare, in mezzo a questa lucentezza, dove delle lampade illuminano statuine di angeli, pecore, donne e uomini intenti ai loro lavori quotidiani. Una realtà in cui folklore e tradizioni si fondono, creando un mondo che sembra oggi dimenticato, eppure sempre sognato e mai cancellato dalla memoria. Al centro della vetrina, una capanna ospita un bue e un asinello che, con il loro fiato riscaldano un bambino appena nato, adagiato su un letto di paglia. La mamma e il babbo lo contemplano in atteggiamento di venerazione, consapevoli della vera natura del proprio figlio.

Dal negozio entrano ed escono bambini con i genitori, portando soddisfatti una busta con le statuine scelte per arricchire il loro presepe. I piccoli sono felici: è la bellezza del presepe che cattura la loro attenzione ed entusiasmo, sviluppando creatività, sogni e immagini che la realtà odierna raramente offre più. È quel bambino appena nato che commuove e che spinge il desiderio di portarlo nelle proprie case, al caldo e al calore di un affetto spontaneo, innocente, fanciullesco, stimolando in tutti noi profonde riflessioni. Il presepe avvolge mente e cuore con il suo messaggio di semplicità, di cui tutti oggi abbiamo bisogno e che ci riporta al bambino che è in noi, a quella bellezza in cui l’uomo scopre la capacità di amare. È una ricerca di bellezza e di luce che viene dall’alto, mentre le figure rappresentate – umili e povere come i pastori, che per primi seppero ascoltare il messaggio divino – ci indicano la strada della vera gioia per l’autenticità umana. Forse quei bambini che entrano ed escono dal negozio non conoscono ancora le origini del presepe. Saranno i genitori a raccontare loro di san Francesco che, nel 1223, durante la Messa della notte di Natale celebrata in una grotta nel territorio di Greccio, davanti a una mangiatoia, un bue e un asinello, cantò il Vangelo e nella predica parlò del «re povero», il «bimbo di Betlemme».

Non è retorica, ma realtà che illumina e presenta la tenerezza di Dio. Come scrive padre Enzo Fortunato nel suo libro sul presepe di san Francesco, Una gioia mai provata: «Questa tenerezza di Dio è ciò che dobbiamo scoprire. Siamo sempre abituati all’immagine del Crocifisso, ma c’è stato un tempo in cui Dio si è fatto bambino, con la semplicità del bambino. Sant’Agostino ci ricorda che Colui che era il Logos ha parlato attraverso dei vagiti. Essere capaci di riscoprire il vagito di Dio, il linguaggio che usa per ciascuno di noi quando ci viene incontro, è la cosa più bella perché ci raggiunge nel momento in cui abbiamo più profondamente bisogno di lui».

Facciamo il presepe! Il presepe ci chiama a essere inclusivi, ci invita a mettere al centro la parola Pace, a saper stare gli uni accanto agli altri, a essere fraterni, a nobilitare la vita quotidiana. Nei presepi ci sono tutti i mestieri: c’è la nostra vita. E pensando alle guerre di oggi, ci sprona a mobilitare tutte le nostre forze per essere sempre strumenti di pace. In questo contesto di conflitti, il presepe ci ricorda la preziosità di questo dono così importante e ci invita a stare accanto a chi la pace la desidera ma non può viverla.