Sabato 5 ottobre si è svolto il primo incontro della proposta che ha visto protagonista l’eremo di Agliati. Un sabato pomeriggio al mese vedrà partecipi i fedeli che lo vorranno delle «Vie dello Spirito», un progetto voluto fortemente dai custodi di Agliati, Padre Benedetto e fratel Daniele per rendere più fuibile e accessibile questo luogo di spiritualità, per cercare Dio, per lasciarsi animare e ispirare. Il primo sabato ha visto la meditazione di monsignor Andrea Migliavacca vescovo di San Miniato, che ha parlato della spiritualità del cammino, un modo per far riflettere e aiutare a ricercare un contatto con Dio e il senso della vita. Dopo il benvenuto di padre Benedetto il vescovo ha calato nel contesto attuale la necessità di una prima esperienza di strada: ha parlato di momenti di vita, di esperienze vissute, momenti che parlano di fede e di coraggio.
Quella da vivere nel cammino è un’esperienza meravigliosa. Basti pensare, come ha detto il vescovo Andrea, al sudore del cammino, la fatica della via. La fatica è importante, se non ci fosse il limite non potremmo gustare la provvidenza, non potremmo gustare che c’è sempre più necessità di Dio e della sua misericordia. Monsignor Migliavacca ha parlato poi del «panorama del cammino» come «invito a lodare Dio, un invito alla preghiera» immersi nella natura. Anche a noi è dato il compito di «scoprire e custodire la creazione». Ma vivere l’esperienza della fede vuol dire anche ricerca di un cammino di spiritualità bello non solo dal punto di vista di vista naturale: il pellegrinaggio alla Terra Santa, il cammino di Santiago, la via Francigena sono tre cammini che ci fanno fare un’esperienza di fede: «la via dell’andare alle radici, la via della vita che si converte, la via verso Roma, la via dell’esperienza della Chiesa».
Ci sono, poi, tre parole che il vescovo fa sue per meglio far partecipi della strada, della via, del cammino: L’essenzialità, l’esperienza del cammino in povertà che insegna cosa davvero fa vivere, cosa di cui abbiamo necessariamente bisogno; l’ospitalità, un cammino di umiltà che serve sia per chi è accolto ma anche per chi accoglie; la strada intesa come esperienza di vita. A quest’ultimo proposito il vescovo ha raccontato del suo amico Andrea Rocchelli. Era un fotografo che voleva raccontare la vita e che, nel 2014 è stato ucciso in una delle sue missioni in Ucraina durante la guerra. Ma forse Andy «è morto come avrebbe voluto, cioè sulla strada». Dopo 5 minuti in cui è stato possibile assaporare anche il nettare dei fiori di sambuco, i fedeli hanno potuto acquietare le loro menti riflettendo sulle parole del vescovo per una buona mezz’ora, stando a contatto con la natura. Ma un ruolo importante lo ha svolto anche il momento di condivisione tra fratelli che si è svolto all’interno dell’eremo, col canto dei salmi 83 e 84, dove chi voleva poteva far partecipi tutti di qualche spunto di riflessione o di preghiera.