Le sintesi dei gruppi sinodali costituitisi in diocesi sono ormai giunte sul tavolo delle Segreteria diocesana per la redazione del documento finale. Credo che sia utile una riflessione su questo “lavorio” che in questi primi mesi dell’anno ha percorso tutte le parrocchie.
Sono rimasto positivamente sorpreso dall’impegno profuso e soprattutto dall’entusiasmo con cui si sono affrontate le tematiche che il Vescovo, delle dieci proposte iniziali, aveva sintetizzate in due, una rivolta al passato e una al futuro: 1. Quali esperienze sono state fatte finora con caratteristiche di cammino sinodale e quali difficoltà si sono incontrate? 2.Quali proposte vengono avanzate per un futuro cammino sinodale capace di coinvolgere l’intera comunità ecclesiale? Formulazioni un po’ diverse, ma la sostanza era questa.
Su queste due piste si è pregato, riflettuto e ascoltato. Un aspetto di metodo che sembrava una sfida e che poi si è rivelato vincente ed entusiasmante è stato proprio questo; ascoltarci e soprattutto ascoltare “Lui” che continua a parlarci in tanti modi. Un modo di “convenire” questo, assai inusitato nelle nostre riunioni pastorali, dove spesso vige lo scontro verbale, il parlarci addosso, una discussione che diventa gara a chi alza più la voce, un tentativo non tanto di ricerca della verità o del miglior progetto quanto di gettare discredito sull’opinione dell’altro, a volte per partito preso.
Questa tornata sinodale, almeno nei gruppi dove sono stato invitato, ha prodotto un clima di “benessere spirituale”, di distensione psicologica, di godimento del pensiero dell’altro. Ed anche chi si è trovato a “moderare” o a sintetizzare le risonanze espresse ha saputo svolgere il proprio compito con toni e modi improntati al servizio e non al dominio. Credo che sia stata una bella esperienza ecclesiale, un primo assaggio di una modalità nuova che dovrebbe segnare il passo della Chiesa da qui in avanti, una mentalità “sinodale”, che permetta veramente di “camminare insieme” verso una meta comune, che è la persona del Cristo, la verità del suo vangelo e l’urgenza della missione che ne consegue. Questi gruppi hanno rappresentato ed espresso un tessuto cristiano, evangelico, che forse non era mai venuto alla luce. Sarà utile e molto vantaggioso che, proseguendo nei prossimi anni il “Cammino sinodale della Chiesa italiana”, questi gruppi non solo non si disperdano, ma si consolidino e si moltiplichino, rendendo la parrocchia e la diocesi un “alveare sinodale”, dove tutti hanno una missione da svolgere, non a proprio vantaggio, ma a beneficio dell’intero corpo ecclesiale.
In conclusione, mi verrebbe da suggerire un qualcosa di simile anche su noi preti. Pensate un po’ se un vescovo domandasse ai fedeli: «Che cammino “insieme” state facendo col vostro prete, quali difficoltà avete incontrato finora; cosa è prioritario nella parrocchia per camminare in modo sinodale col sacerdote; come la comunità, le famiglie, i gruppi e il sacerdote interagiscono fra loro per vivere ed annunciare il vangelo, oggi, in modo credibile?». Chissà che non possa accadere? In questo modo, forse, si faciliterebbe anche il compito del vescovo, al quale, oltre che essere guida di vita cristiana e testimone della fede, spetta anche di “osservare dall’alto” (episcopein in greco) perché “gregge e pastore” raggiungano il Regno.