La Giornata Mondiale dei Poveri è una delle iniziative nate dal Giubileo della Misericordia, affinché la Chiesa, attraverso le azioni tangibili delle comunità cristiane, diventi sempre più segno della carità di Cristo verso gli ultimi e i bisognosi. Questa Giornata si propone di incoraggiare innanzitutto i fedeli a opporsi alla cultura dello scarto e dello spreco, abbracciando invece la cultura dell’incontro.
Questa VIII Giornata Mondiale dei Poveri, che ha come tema «La preghiera del povero sale fino a Dio» (cfr. Sir 21,5) ci prepara anche all’inizio del prossimo Giubileo. Papa Francesco ribadisce che la preghiera deve trovare nella carità concreta la verifica della propria autenticità. Infatti, la preghiera e le opere si richiamano a vicenda: «Se la preghiera non si traduce in agire concreto è vana; tuttavia, la carità senza preghiera rischia di diventare filantropia che presto si esaurisce». È questa l’eredità che ci hanno lasciato tanti santi nella storia, come Santa Madre Teresa di Calcutta, che ripeteva sempre come proprio la preghiera fosse il luogo da cui attingeva fede e forza per servire i poveri.
Questo anno vivo e celebro questa giornata proprio da Calcutta, accanto a quei poveri che Madre Teresa ha tanto amato e servito. Da queste strade polverose che l’hanno vista infaticabile testimone dell’amore di Dio sto pensando al prossimo Giubileo ed a come la chiesa e la nostra diocesi si stanno preparando a viverlo.
Avverto con un po’ di amarezza questa eccessiva presentazione della sua dimensione celebrativa (l’apertura della Port Santa, i pellegrinaggi, i grandi raduni) ed anche di quella devozionale, specialmente legata al tema delle indulgenze. Queste ultime mi danno l’idea di una chiesa soprattutto «padrona della misericordia di Dio» e non suo strumento che ne manifesta la gratuità della salvezza. È come se si distribuisse con alcuni vincoli o obblighi ciò che si riceve gratuitamente. Per fortuna non ci sono più le mercificazioni dei secoli passati, a parte i consistenti guadagni di alcuni santuari, ma resta comunque questo potere che la chiesa evidenzia nei confronti dei credenti.
Dovremo forse recuperare, senza togliere questa dimensione celebrativa e devozionale, la centralità della carità e della attenzione privilegiata ai poveri. Il nostro rapporto con Dio si vive infatti soprattutto nell’amore e se lo si incontra nella Parola e nei Sacramenti è proprio per avere la forza di amarlo nei poveri.
Quale pellegrinaggio e quale Porta Santa allora dobbiamo cercare di vivere nel Giubileo? Solo quelli delle celebrazioni? Cerchiamo piuttosto quelli che ci fanno uscire dal nostro egoismo e che ci fanno camminare verso gli altri. Non ci saranno le solennità delle celebrazioni o le grandi masse, ma sicuramente capiremo nel nostro cuore che stiamo vivendo un grande momento di grazia con il nostro Dio che «perdona molto a chi molto ama» (dalla liturgia della Messa). Mentre parteciperemo all’apertura della Porta Santa pensiamo a come è difficile invece aprire la «porta» dei nostri pregiudizi, dell’indifferenza che ci rende insensibili alle sofferenze degli altri! Se non ci sforziamo di aprire queste «porte» sarà inutile aprire quella!
Questa Giornata Mondiale dei Poveri ci aiuti allora a cogliere il senso più bello e profondo del prossimo Giubileo e ci aiuti a viverlo con grande ricchezza di doni per la nostra vita spirituale.
In questo prossimo anno, poi, non dimentichiamo le numerose persone che nelle nostre parrocchie nella Caritas e nel volontariato dedicano parte del proprio tempo all’ascolto e al sostegno dei più poveri. Sono volti concreti che, con il loro esempio, «danno voce alla risposta di Dio alla preghiera di quanti si rivolgono a Lui». Facciamo sentire loro la vicinanza e l’affetto di tutte le nostre comunità.