Quanti proverbi accomuna questo mese autunnale: si invoca la pioggia per la semina (ottobre piovoso, campo prosperoso); si riempiono le botti dopo la prima fermentazione (vino e cantina dalla sera alla mattina); si fanno pronostici (se d’ottobre la foglia sta sul ramo inverno freddo e neve aspettiamo).
Questi detti popolari caratterizzano un mese di utili, ricche attività agresti e una particolare previsione meteo che nell’insieme lo distinguono come tempo propiziatorio per i frutti che ci verranno elargiti nelle prossime stagioni. Ricordare solo quanto questi proverbi ci espongono sarebbe però riduttivo, poiché mancherebbe il prodotto più caratteristico di questo mese: l’olio d’oliva, l’alimento più usato dalla nostra cucina e sempre presente sulla nostra tavola.
È in questo mese che abbiamo la completa maturazione delle olive dalla cui polpa estraiamo questo alimento dall’aspetto fluido con un profumo caratteristico ed un colore verde intenso, appena uscito dal frantoio. Le sue proprietà sono ben note: si tratta di un alimento dalle molteplici virtù.
Durante l’infanzia contribuisce all’accrescimento corporeo, al processo di “mielinizzazione” del cervello (la maturazione ultima del sistema nervoso centrale per una più veloce ed efficiente veicolazione dell’informazione) e alla formazione delle ossa, con molta efficienza come coadiuvante nella resistenza alle infezioni. Durante l’età adulta è efficace nella prevenzione dei disturbi delle arterie e del cuore, abbassa il livello di colesterolo nel sangue. Ha una funzione antiinvecchiamento per la pelle e per le ossa in quanto è ricco di vitamina E che protegge da decalcificazione, osteoporosi e fratture. Quante importanti proprietà possiede l’olio d’oliva per l’uomo! Chi lo produce? Quale pianta ha questa forza produttiva? È l’ulivo, un albero sempre verde, proveniente dall’Asia minore che vanta nella storia una sacralità, un’immagine solenne per cui è stato circondato di onore e rispetto.
È interessante conoscere la sua storia e le attenzioni culturali, religiose che a lui sono state riservate. Ci possiamo avvalere dei passi biblici che richiamano e giustificano la sua “sacralità” simbolica. Nel libro della Genesi abbiamo la prima citazione dell’ulivo, quando la colomba porta a Noé, come segno di pace e di salvezza, un ramoscello d’ulivo, simbolo di fecondità, benessere, benedizione e riconciliazione tra Dio e l’uomo. L’ulivo è uno dei sette prodotti (frumento, riso, viti, fichi, melograni, miele) simbolo della ricchezza della Terra promessa per il popolo d’Israele e simbolo della sua identità: «Ulivo verde, maestoso, era il nome che il Signore ti aveva imposto» (Ger 11, 16).
Nel periodo post-esilico, l’ulivo diviene segno di speranza, come il profeta Zaccaria manifesta nel presentarci un candelabro d’oro con in cima un recipiente con sette lucerne e sette beccucci per le lucerne, con due ulivi che gli stanno vicino, uno a destra e l’altro a sinistra, rappresentando il re Zorobabele di stirpe davidica e Giosué, sommo sacerdote. Questi due personaggi, definiti “figli dell’ulivo” simboleggiano il sommo sacerdozio e la regalità, che infondono nuova speranza nel popolo. L’ulivo è presente in diversi Salmi, uno dei quali definisce i figli del credente come “virgulti d’ulivo”, perché segno di benessere e ricchezza (Sal 128). La figura dell’ulivo più conosciuta e ricordata è quella che appare negli ultimi giorni di Gesù sulla terra, durante il suo ingresso a Gerusalemme, che viene commemorato all’inizio della Settimana Santa. Gesù è accolto a Gerusalemme, come un re, su tappeti stesi sulle strade e con rami di alberi d’ulivo e di palma. Prima di morire se ne andò al monte degli Ulivi per pregare. La sua preghiera profonda avviene nel Getsemani che significa frantoio dell’olio: «Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsemani» (Mt 26,36; Mc 14,32).
Nell’agonia del Getsemani Gesù sarà torchiato e spremuto come si spremono le olive. Egli è l’olivo verdeggiante da cui sgorga la pace, la riconciliazione, la resurrezione e dona l’olio del benessere, della benedizioni, della vita. Questi aspetti della “sacralità simbolica” dell’ulivo giungono e si mantengono ancora oggi, sia nella coltivazione sia nel luogo della spremitura delle olive, dove quasi liturgicamente il “frantoiano” gestisce tutto il processo di produzione. È la lui la figura cardine di questa produzione ed a lui è affidato il compito di riconoscere lo stato di salute delle olive, il loro grado di maturazione, le condizioni di raccolta.
Più che colpisce, però, di questa figura è la sua “meticolosità” con cui gestisce l’olio, offrendo, forse anche involontariamente, quelle descrizioni bibliche, rivivendo in cuor suo non solo quel tempo storico, ma soprattutto la Passione di Nostro Signore Gesù L’ulivo mantiene nella sua bellezza di albero, quella “sacralità simbolica” che lo distingue dalle altre piante e l’uomo difronte a questo si inchina in rigoroso rispetto e le sue azioni su questa pianta e sul suo eccellente prodotto sono come preghiere di ringraziamento per il dono ricevuto nella sua completa ricchezza e bellezza.