Arrivare in piazza del Duomo con la luce del tramonto e trovare l’allestimento, curato in ogni dettaglio, preparato dai ragazzi di Nuovi Orizzonti, è sempre una bella esperienza. Siamo ormai al quarto anno di questo appuntamento. Ma forse, ancor più bello, è stato osservare e spiare sui volti dei tanti ragazzi che arrivavano alla spicciolata, la sorpresa per quanto anche questo anno la nostra Chiesa diocesana è riuscita a metter su.
Di questa quarta edizione dell’aperitivo col vescovo Andrea, in modo particolare, quello che ci ha più sorpreso sono stati i numeri della partecipazione: davvero tantissimi giovani e anche tante parrocchie che hanno mandato i loro ragazzi fino a San Miniato, in alcuni casi accompagnati dagli stessi parroci.
La serata ha avuto la sua prolusione con il saluto del vescovo che ha ricordato quanto tenga a questo appuntamento e quanto lo renda felice cogliere come questa serata sia per i giovani uno spazio in cui esserci e da protagonisti. Sulla scia del sinodo dello scorso ottobre e sulla scorta dell’esortazione apostolica di papa Francesco, «Christus vivit», monsignor Migliavacca ha sottolineato quanto Gesù e la Chiesa si rendono vivi anche in virtù della testimonianza di noi giovani. Proprio per questo ha lasciato volentieri spazio di parola a tre esperienze giovanili locali dove concretamente si sperimenta che Cristo è vivo. Per primo ha parlato un rappresentante del gruppo scout di Bientina, testimoniando di una feconda esperienza d’incontro con i carcerati di una struttura di detenzione del napoletano, e di una marcia di quattro giorni fatta, a gruppo compatto, tra litorale e entroterra toscano. È stata poi la volta di alcuni educatori di Perignano, che hanno testimoniato la loro gioia di crescere insieme ai bambini e ai ragazzi della loro unità pastorale, proponendo attività e campi estivi, tra cui anche le mete Caritas di questa estate, che prevedono l’incursione in territori critici della nostra Penisola. Infine è arrivata la testimonianza di suor Laura, cottolenghina, che ha raccontato della sua Casa a Terrafino dove sono accolti ragazzi e ragazze provenienti da situazioni familiari complicate. Suor Laura ha sottolineato quanto non sia facile lavorare nella congerie emotiva dei suoi ospiti, assicurando al però al contempo che l’amore è la forza decisiva che sbaraglia ogni difficoltà. Dopo i saluti e queste condivisioni si è poi aperto il banchetto. E qui è iniziata un’altra forma di bellezza, quella che ha permesso di mescolare l’aperitivo con le parole che tanti giovani, tra loro, si sono regalate.
Un momento centrale della serata era anche la proclamazione del logo vincitore al contest indetto dalla Pastorale Giovanile. Un concorso che ha avuto una risposta che è andata oltre ogni più rosea aspettativa. Abbiamo ricevuto tantissimi elaborati e, come annunciato, vorremmo offrire a molti di questi una piccola ribalta, magari utilizzandoli per nostre locandine o manifesti. Per forza di cosa abbiamo dovuto però sceglierne uno, cosa non semplice vista la generale alta qualità degli elaborati. Alla fine il nostro verdetto è caduto sull’opera inviataci da Sara Montagnani di Marti. La giuria era composta da tutti i membri dell’equipe della Pastorale giovanile (inclusi il vescovo e il vecchio presidente, don Marco Casalini). Per non essere influenzati ed evitare favoritismi, abbiamo votato senza sapere chi fossero gli autori. Soltanto chi ci ha sottoposto i bozzetti ne conosceva l’identità. Sara, la vincitrice, è diplomata all’Istituto d’Arte di Cascina con indirizzo scultura, ha 25 anni e lavora attualmente come segretaria e baby sitter. «Non me lo aspettavo assolutamente!», ci ha detto subito, felice e stupita: «Ho partecipato a questo concorso quasi per caso, spinta dal mio ragazzo e da alcuni amici che mi ritenevano all’altezza. Sulle prime ho esitato, c’è voluto un po’ perché mi convincessi a provarci». Abbiamo chiesto a Sara da dove ha tratto ispirazione per la sua opera: «L’idea per il logo è nata riflettendo su quella che è la missione principale della Pastorale, riavvicinare i giovani alla Chiesa. Un mondo che resta sconosciuto per la maggior parte di loro. A questo avvicinamento, almeno nella nostra diocesi, sta lavorando con grande impegno e sensibilità il vescovo Andrea, che ho voluto stilizzare al centro del campo grafico col pastorale e con le braccia aperte in segno di accoglienza. Il colore fucsia-viola che gli ho attribuito è un ulteriore elemento identificativo della sua dignità episcopale. Alle sue spalle il duomo di San Miniato, anch’esso stilizzato. Attorno alla figura del vescovo se ne avvicinano altre, che rappresentano i giovani. I colori accesi e le forme di queste figure ricordano la vivacità e l’energia travolgente dei ragazzi». Ci permettiamo di chiederle qualcosa sullo stile scelto: «Stilisticamente, diciamo che ho cercato di semplificare al massimo l’immagine, in modo da renderla il più comprensibile e compatta possibile. Ho voluto raccontare una missione e una storia con poche immagini. Esattamente come deve essere un logo: il massimo di senso concentrato nel minimo dell’espressione. Ho condotto qualche ricerca in rete, messo insieme un po’ di spunti e poi, una volta agguantata l’idea, mi sono messa al lavoro».