Domenica 29 Dicembre 2024, in occasione della Festa della Santa Famiglia, la Diocesi di San Miniato celebra l’inizio del Giubileo Ordinario che si svolgerà nel corso del 2025, con l’apertura della Porta Santa in Cattedrale.
Presiede la celebrazione il Vescovo Giovanni Paccosi, la liturgia è animata dal Coro Diocesano diretto dal M° Carlo Fermalvento, con il M° Paolo Bini all’organo.
Il Vescovo, il clero concelebrante e parte dei fedeli partecipanti, giungono in Duomo in processione dalla chiesa di San Domenico, con il canto delle litanie e del Salmo 83, già preceduti dal canto d’ingresso “Venite Fedeli”, versione italiana popolare di Adeste Fideles (in considerazione della cadenza della festività nell’Ottava di Natale) e dai riti di introduzione che prevedono la lettura del passo del Vangelo secondo Giovanni tratto dal capitolo 14 (versetti 1 – 7). “Io sono la via, la verità e la vita”, risponde Gesù a Tommaso, quando questo gli domanda quale sia la via per il luogo dove andrà a preparare loro un posto. E questo è già un primo invito al cammino che sarà il comune denominatore di quanti parteciperanno alle celebrazioni giubilari durante quest’anno.
Al brano evangelico segue la lettura di un estratto dalla bolla di indizione del Giubileo. “Spes non confundit”: sono le parole di San Paolo a costituire il tema di questo anno santo, la speranza appunto, che non delude a causa di quell’amore riversato da Dio nel cuore dell’umanità per mezzo dello Spirito che le è stato donato (cfr. Rm, 5,5).
Giunta la processione in Cattedrale, la celebrazione eucaristica inizia con il canto di C. Walker “Laudate Dominum”, con l’invito appunto alla lode al Signore attraverso le parole del Salmo 150, una lode totale che possa coinvolgere tutto l’essere umano in ogni sua dimensione, fino quasi a farlo danzare: sono proprio gli strumenti musicali che il salmista nomina ad evocare la danza del corpo, linguaggio di emozione che si fa gioiosa seduzione tra il Signore e la Chiesa sua sposa.
L’atto penitenziale prevede l’aspersione dell’assemblea. Il gesto battesimale è sottolineato dal canto “Ecco l’acqua che sgorga” che, nella sua semplicità meditativa, porta mente e cuore alla visione descritta da Ezechiele (47, 1-2) con le acque che, come un fiume di santificazione, si muovono dal lato destro del Tempio di Dio e sono sono figura di quelle che sgorgano dal costato di Gesù trafitto dal centurione dopo aver consegnato il Suo Spirito nelle mani del Padre: ferita che diviene feritoia, e lascia spazio al passaggio della luce battesimale dalla quale nasce la Chiesa stessa.
Segue, poi, il canto del Gloria tratto dalla Missa de Angelis armonizzata per coro e assemblea da Mons. Domenico Bartolucci, già maestro della Cappella Musicale Pontificia Sistina: composizione sofisticata e delicata, che onora il gregoriano declinandolo, se così si può dire, con la polifonia di gusto palestriniano di cui Bartolucci è sempre stato esponente di spicco ed egli stesso un modello da cui imparare e attingere.
Il Salmo Responsoriale è musicato dal M° Fermalvento, che non struttura la linea melodica delle strofe secondo uno schema musicale fisso da ripetersi per ciascuna delle tre. Dal momento che musica e canto debbono mettersi a servizio della Parola, ogni strofa – a motivo del testo – presenta una propria struttura e una propria linea musicale che fanno da appoggio alle parole e ne costituiscono una chiave interpretativa, in modo che – meditando quanto viene cantato – ci si possa sentire nutriti da questa Parola che vivifica e desidera essere annunciata da quanti si fanno disponibili ad accoglierla.
L’offertorio, il momento della liturgia il cui tema centrale è la carità, si permea della dolcezza del noto canto “Astro del Ciel”. Sembra quasi non possa essere Natale senza che questa ninnananna venga eseguita durante le celebrazioni di questo tempo liturgico. Si medita il senso della venuta di Gesù nel mondo, dolcezza che è altro dal banale sentimentalismo che a Natale vorrebbe spingerci soltanto a essere più buoni o a “fare quello che non puoi fare mai”: piuttosto un invito ad aprire gli occhi con stupore sulla vita appena nata di un bambino che, deposto in una mangiatoia, vivrà al solo scopo di essere mangiato, di essere cibo per tutti, e non esclusivo premio per i buoni.
L’ordinario della Messa procede con il canto del Sanctus e dell’Agnus Dei della Missa De Angelis, ai quali l’assemblea partecipa come sempre, nel solco della buona tradizione diocesana.
Un vecchio e, soprattutto, caro amico torna a farci visita con la propria musica per il canto di Comunione. Viene eseguito, infatti, “La luce della stella” di Mons. Giuseppe Liberto, anch’egli Maestro della Cappella Musicale Pontificia Sistina, successivo a Bartolucci. Il brano, scritto in collaborazione con Leo Di Simone, presenta musicalmente il suo tipico stile elegante, delicato e brioso. Sono coinvolte sia Schola che assemblea – secondo quanto auspicato dal Concilio Vaticano II. Il testo è un invito alla contemplazione solenne della regalità di Cristo, che abbraccia passato, presente e futuro. Santa e imperitura regalità del Verbo eterno che resta oltre il passaggio della storia, sulla quale e della quale Cristo è signore da sempre, ora e per sempre.
Per il post communio si opta per una scelta di nuovo squisitamente popolare: il Natale, infatti, sembra quasi obbligare alla popolarità, in certa misura. Questo non significa scadere in qualità, ma nobilitare la popolarità nella sua essenza più profonda: l’incarnazione del Verbo, che si fa come noi – “Dio si è fatto come noi” è appunto il titolo del canto – è il dono che Dio fa al suo popolo. Il Signore non si impone, ma si propone abbassandosi, facendosi sua stessa creatura, in modo che ogni essere vivente sia innalzato in dignità e ogni persona possa raggiungere la sua piena umanizzazione: fede – che solleva e libera l’uomo spingendolo a comunicare vita attraverso il dono di sé per il prossimo – piuttosto che quella religione che può appesantire, se limitata al mero precetto dottrinale che non tutti sono in grado di adempire allo stesso modo, e per l’osservazione cieca del quale si può correre il rischio di piegare lo sguardo esclusivamente su se stessi.
La celebrazione eucaristica si conclude sulle note dell’inno del Giubileo 2025: “Pellegrini di speranza”. La Speranza è il grande veicolo con il quale camminare quest’anno per incontrarsi con i fratelli e le sorelle nella fede, sperando in cieli e terra fatti nuovi dallo Spirito, fino all’incontro nel Figlio, Egli stesso “via, verità e vita”: nuovi discepoli di Emmaus affiancati nel cammino dal Signore che, nonostante la nostra probabile incapacità di comprenderlo prontamente, continua a parlarci di sé lasciandosi sempre riconoscere nel Pane e nel Vino, nei quali e con i quali rimane con i suoi fino alla fine del tempo.