Settantasei anni e 55 nomi graffiati col sangue nel marmo.
Il tempo è un pozzo, un precipizio che ingoia ricordi e sentimenti. Ogni anno San Miniato… la Diocesi di San Miniato, l’Amministrazione comunale di San Miniato, ingaggiano una loro personale «Resistenza» contro l’offesa che l’oblio, per legge di natura, procura a tutte le cose umane: questa particolare «Resistenza» si esercita nel ricordo dei morti del Duomo.
Come trasparente espressione della «banalità del male», la guerra arrivò sfacciata anche nel tempio più santo della città. Arrivò alle ore 10:00 di quel 22 luglio 1944. Faceva caldo, c’era il sole, c’era la vita. Da allora – ogni anno – il 22 luglio per San Miniato è sacro.
Da allora – ogni anno – si fa memoria di questi caduti, di questi concittadini, di questi fratelli.
Anche quest’anno il nostro vescovo Andrea, il sindaco di San Miniato, le autorità civili e militari, hanno coralmente interpretato il dovere della giustizia, restituendo un nome e un volto ai cinquantacinque della Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Genesio.
Le parole del vescovo Andrea, nell’omelia per la messa di suffragio sono state alte, un rilancio generoso verso la vita e l’infinito: «È singolare che ogni anno questa memoria la viviamo in un giorno che per la Chiesa è di festa liturgica. Il 22 luglio infatti nel calendario romano si ricorda Santa Maria Maddalena. Proprio colei che recatasi al sepolcro in cerca di un cadavere, trova invece la vita… incontra il Cristo risorto».
E le parole che si leggono nel vangelo per la liturgia del giorno sono un tripudio di vita e di resurrezione, e proiettano e dilatano la loro eco nei secoli, fino ad arrivare a toccare anche coloro che nel Duomo, in quel tragico mattino di luglio del 1944, persero la vita.
«È come se la Maddalena – ha detto ancora il nostro vescovo – ci suggerisse di parlare di queste nostre vittime parlando di vita, raccontando la vita, annunciando la vita», sapendo e credendo che questi nostri fratelli adesso vivono la vita vera, in pienezza di comunione con Dio.