La pioggia battente non ha impedito di innalzare con fede e gioia, papa Giovanni Paolo I, al secolo Albino Luciani, alla gloria degli altari con la proclamazione a Beato. Invadente con tenerezza ed emozione la scenografia di migliaia di persone (25000), con in prima fila il nostro presidente Sergio Mattarella, radunate sulla piazza sotto gli ombrelli variopinti, attratte e trascinate dal sincero puro sorriso di papa Luciani, indice di una coscienza schietta e nitida, con in prima fila.
È stata un’occasione di grazia, ma incompleta se non ci riempisse di amore, di gioia, di pieno apprezzamento anche umano e di riconoscenza pastorale per quel poco, purtroppo, che ha mostrato nei suoi 33 giorni di pontificato. «Io sono la polvere», in queste parole risiede il grande segreto della vita cristiana che papa Luciani ha testimoniato lungo tutta la sua esistenza di prete, di vescovo, di Papa. Con il sorriso sul suo volto, come un cristiano sicuro, lieto e sereno, ci ha mostrato la grandissima forza dell’umiltà: un abito esterno della nostra persona ed interiormente materia limpida della nostra anima, poiché permette di tradurre concretamente nella vita le virtù della fede, della speranza e della carità. La Rai lo ha ricordato in un documentario storico. «La grande Storia», ripercorrendo la sua vita, ne ha esaltato le qualità di uomo e di sacerdote, missionario della Parola evangelica.
Che cosa possono dire i suoi 33 giorni di pontificato? Sono una miseria di tempo, valutandolo umanamente, ma resta, seguendo le orme dell’Apostolo Pietro, una capienza di testimonianza di bontà, di semplicità, di amore verso Dio, come fuoco che brucia sotto la cenere, pronto ad innalzare la fiamma dei loro oggettivi effetti. Ci sembra poco? Le sue catechesi del mercoledì nella sala Nervi, comunicate con stile colloquiale ne sono l’esempio: chiamava un bambino, faceva a lui domande semplici, elementari per introdurre tematiche difficili sul piano teologico e formative ed educative sul piano civile. Come si può credere a concetti dottrinali, teologicamente complessi, irraggiungibili razionalmente se non riscontrabili nella semplicità nella vita comune di ognuno di noi? I suoi interventi erano ritenuti, almeno nella forma, superficiali, privi di un lessico accademico di alte risonanze: giudizi ingiusti, riferiti a queste circostanze.
Non ha avuto tempo di fare altro e forse di non poter scrivere un’Enciclica per approfondire alcune tematiche dottrinali. Ha donato però, nella sua umiltà e semplicità di vita, un esempio e quasi una norma di vita rendersi disponibili nel dono verso tutti noi: donarsi agli altri, liberarsi progressivamente da ogni egoismo, da ogni ripiegamento sopra di noi stessi ed offrendo di sé all’altro. In realtà per rimuovere la società, non abbiamo bisogno di tante opere esterne, abbiamo bisogno di riproporre un modello, perché di questo tutti noi abbiamo bisogno. Di parole alto sonanti ce ne sono anche troppe e le parole non dicano nulla. Quello che vince tutto è l’esempio di una vita. Abbiamo bisogno di modelli, abbiamo bisogno di santi e papa Giovanni Paolo I lo è nell’evidenza della sua vita. «Dalla misura dell’umiltà, si conosce il nostro progresso spirituale». Papa Luciani si è sentito e riconosciuto “polvere”, un cristiano alieno da qualsiasi pragmatismo, non desideroso verso posti di rilievo solo per gloria e potere. Il suo sorriso è penetrato nei nostri cuori: è il sorriso di una Chiesa, peregrina su questa terra, che ama, che aiuta, che si volge verso i più bisognosi per sostenerli, per attribuire loro dignità e giustizia. Due fatti evidenziano nell’osservare il percorso di questo papa, quanto si delinei, prima ancora che avvengano, la strada della Chiesa nella sua missionarietà e con quali persone, come guida, venga eseguita. Paolo VI dona e posa la stola papale nella sua visita a Venezia, sulle spalle del cardinale Albino, patriarca di quella città, e il bacio sulla fronte che Giovanni Paolo I offre al cardinale Karol Wojtyla, che sarà suo successore: due episodi che manifestano la presenza costante di Dio.
Papa Giovanni Paolo I giunse al soglio pontificio in un momento storico molto preoccupante: l’assassinio di Aldo Moro che colpì nell’animo papa Paolo VI nel maggio 1978, i fatti negativi della banca Antoveneta ed i rapporti di Michel Sindona con lo Ior. Occorreva un sorriso, una speranza, una testimonianza forte ma serena e fiduciosa che potesse prendere il timone di una nave in acque agitate. Papa Giovanni Paolo I fu il predestinato e ne fu capace, seppur vigente solo 33 giorni. Il papa che sorride con la forza fedele al suo Signore ci lascia una preghiera: «Stammi ancor vicino Signore. Tieni la tua mano sul mio capo, ma fa che anch’io tega il capo sotto la tua mano. Prendimi come sono, con i miei difetti, con i miei peccati, ma fammi diventare come tu desideri, come anch’io desidero».