Lo scorso 24 luglio, in una giornata di caldo rovente e sole a picco, una pattuglia di 9 giovani dei nostri territori, provenienti da Palaia, Montopoli e Ponsacco, nell’ambito del progetto «Le 4 del pomeriggio» di Caritas e Pastorale giovanile, si è sobbarcata un viaggio di quasi mille chilometri per raggiungere Isola di Capo Rizzuto nel crotonese in Calabria, località tristemente nota alle cronache per le pesanti infiltrazioni nel tessuto socio-economico e politico operate dalla ’ndrangheta.
L’obiettivo del viaggio era quello di vivere un’esperienza di consapevolezza riguardo al dramma della malavita che affligge quei bellissimi territori della costa ionica, mostrando da vicino la difficile e complessa lotta alla criminalità organizzata che Istituzioni e settori della società civile portano avanti da anni. Ogni mattina questi giovani, accompagnati dai volontari dell’associazione Libera, si sono recati a visitare e conoscere i beni confiscati alla mafia nel cosiddetto “Parco della Cepa”, uno spazio pubblico di grande pregio storico, ambientale e paesaggistico che grazie alla cooperativa sociale Terre Joniche è divenuto da diversi anni luogo di aggregazione per attività ludiche, ricreative e educative, dove viene promossa la cultura della legalità e della corresponsabilità riguardo alla tutela del territorio stesso. Qui, i giovani della nostra diocesi hanno aiutato nella pulizia e nella manutenzione del sito. Il pomeriggio invece era dedicato all’incontro con persone impegnate in prima linea nella lotta alla ‘ndrangheta; testimoni coraggiosi nell’affermazione del principio di legalità, come Carolina Girasole e Tiberio Bentivoglio.
Carolina Girasole, ex sindaco di Isola Capo Rizzuto, amica di don Armando Zappolini, nel 2008 fu la prima a smascherare un giro mafioso legato alla cosca degli Arena che coinvolgeva anche l’allora parroco del paese e il governatore della Misericordia. Nel suo programma elettorale Carolina Girasole aveva messo la lotta alle infiltrazioni della ‘ndrangheta e, una volta eletta, grazie al suo impegno, i terreni confiscati alla cosca degli Arena furono appunto affidati alla cooperativa sociale Terre Joniche, legata a Libera. E pensare che quando questa cooperativa mosse i suoi i primi passi, incontrò proprio l’opposizione del parroco e del governatore della Misericordia, che sobillarono la popolazione e non si trovò nessuno disposto a mietere l’orzo o a fornire macchine agricole per la trebbiatura dei campi confiscati, tanto che fu necessario far arrivare una mietitrebbia addirittura da La Spezia. La lotta della Girasole alla ‘ndrangheta è stata però anche molto sofferta e travagliata: dopo anni d’impegno e battaglie, a fine 2013 venne incredibilmente accusata di voto di scambio politico-mafioso in combutta con il clan Arena e turbativa d’asta e solo alla fine di ben sette anni di trafile giudiziarie è stata assolta in via definitiva.
Tiberio Bentivoglio è invece un imprenditore calabrese che, insieme alla moglie, si è rifiutato di pagare il pizzo alla malavita. Con il loro “no”, Tiberio e la moglie hanno scelto di vivere a testa alta e di non piegarsi alle intimidazioni e alle minacce della ’ndrangheta. Il loro negozio è stato più volte distrutto e Tiberio ha perfino subito un tentato omicidio che lo ha portato ora a vivere sotto scorta. Nonostante tutto questo la loro battaglia contro il crimine organizzato va avanti senza soste e con determinazione. Tiberio oggi scrive libri e soprattutto incontra i ragazzi, perché la sua storia possa diventare un esempio di ribellione e lotta per la libertà. «Il viaggio in Calabria è riuscito – hanno raccontato al loro rientro questi ragazzi – a renderci più consapevoli e coscienti di quale minaccia rappresentino i poteri mafiosi. Alla luce di questa esperienza l’augurio e l’auspicio che ci facciamo è senz’altro quello di riuscire a realizzare il sogno di Tiberio: sconfiggere la “bestia ’ndranghetista”».