Un viaggio di formazione a Milano alla scoperta del ricco e articolato universo della Caritas Ambrosiana. Un itinerario tra refettori e case della carità, luoghi che hanno nella bellezza un comune motivo ispiratore, come veicolo di promozione della persona e della sua profonda dignità.
Sveglia nel cuore della notte, caffè forte, giaccone a vento per reggere al colpo di coda dell’inverno e via in pullman fino a Milano. Era iniziata così la giornata, sabato 20 aprile, per una cinquantina di volontari della Caritas diocesana in uscita di formazione nel capoluogo lombardo, ospiti di Caritas Ambrosiana.
La Caritas meneghina è un modello e un paradigma per quanti si occupano di alleviare le sofferenze e le ingiustizie che patiscono i poveri. Su un’area metropolitana vastissima, che include anche città come Lecco, Monza, Varese (stiamo parlando di un totale di 5,8 milioni abitanti), sono 873 i punti parrocchiali Caritas. Su questi insistono ben 400 centri di ascolto, dove prestano servizio oltre 4 mila volontari. I servizi del sistema (mense, dormitori, centri di accoglienza…) sono complessivamente 534 e vi prestano servizio oltre 12 mila volontari. I dipendenti effettivi di Caritas Ambrosiana sono invece 70, mentre superano le 2 mila unità i S dipendenti di tutto il sistema che gravita attorno a questa straordinaria macchina di carità e solidarietà. Questi dati sono stati snocciolati dal direttore stesso di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti, che i nostri lettori ricorderanno come ospite, nel marzo del 2023, a Ponsacco, per un incontro sulla piaga dell’usura nell’ambito della rassegna «La Chiesa di fuori».
Gualzetti da anfitrione ha raccontato un po’ della loro storia di carità, iniziata nel 1949 quando il cardinale Ildefonso Schuster promosse la «Fondazione Charitas Ambrosiana», anticipando di ben 25 anni la creazione delle Caritas diocesane volute nel 1974 dalla Cei come segno del post concilio. Il racconto del direttore ambrosiano ha messo in luce anche le sfide che una Caritas forte e strutturata come quella milanese, si è trovata ad affrontare negli ultimi anni, soprattutto a motivo della crisi pandemica.
Tra le iniziative più recenti illustrate, due che risalgono al 2020: il «Fondo San Giuseppe» e il progetto «Prendersi cura». Il «Fondo San Giuseppe» ha realizzato una prossimità nell’emergenza lavoro, un aiuto concreto a chi ha perso il lavoro nel tempo del coronavirus. Istituito dalla Chiesa di Milano insieme al Comune in occasione della ricorrenza di San Giuseppe, patrono del lavoro, ha sostenuto in modo importante i lavoratori più fragili, i precari, gli autonomi e gli impiegati nei servizi che a causa dell’emergenza covid non riuscivano a provvedere alle necessità economiche della propria famiglia. Ne hanno usufruito in modo significativo gli operatori del mondo della ristorazione: cuochi, camerieri, piccoli gestori… che a causa dei vari lockdown hanno rischiato di finire sul lastrico.
Un altro progetto simbolo nato in pieno lockdown è «Prendersi cura», uno strumento che aiuta a rimanere vicini «alle persone che hanno bisogno di sostegno, per essere dentro alle comunità che vogliono cambiare, per essere parte attiva di quella società civile che non si è mai fermata». Un progetto strutturato attorno a un portale web sempre aggiornato, le cui leve di forza sono una newsletter e l’informazione dettagliata sui diritti di cui sono titolari i più svantaggiati: sostegno al reddito, misure di contrasto alla povertà, ecc. Una piattaforma che in questi quattro anni ha risposto in modo esemplare a quella povertà di informazione che connota spesso i poveri riguardo ai diritti di cui sono titolari, e che determina spesso un aggravio della loro povertà materiale.
Il soggiorno milanese prevedeva anche un pranzo al Refettorio Ambrosiano di Piazza Greco, uno spazio ricavato da un ex teatro e realizzato nel 2015 in occasione dell’Expo. «Un luogo “buono” e “bello”, dove solidarietà e arte s’incontrano tutti i giorni nella convinzione che la bellezza, in ogni sua forma, è veicolo di promozione della persona e strumento per riconoscerne la profonda dignità». 96 posti a tavola e… dimenticatevi il tono dimesso delle mense tradizionali: l’ambiente è luminoso e accogliente come una casa, l’arredo allestito con cura artigianale. Per decorarlo sono stati chiamati grandi artisti come Mimmo Palladino, Gaetano Pesce, Massimo Bottura… Insomma uno spazio che si propone di «nutrire il corpo e lo spirito attraverso la bellezza delle opere che custodisce e delle relazioni che favorisce» la cucina, realizzata con le eccedenze alimentari che arrivano da tutta la città, è sopraffina, perché i poveri sono i prediletti di Dio e vanno trattati come “capitolo 25 di Matteo” insegna. Un centro che è oltretutto anche volano di formazione per il territorio e la città, che promuove e accoglie eventi, presentazioni e iniziative per e nelle scuole. Nel pomeriggio ha chiuso il nostro tour formativo la visita alla «Casa della Carità – Angelo Abriani», dove siamo stati accolti da don Virginio Colmegna e don Paolo Selmi. Fortemente voluta nel 2002 dal cardinale Martini, la «Casa della Carità» è un luogo dove vengono accolte persone escluse e dove, partendo dalle loro storie, sono promosse attività culturali. L’accoglienza è indirizzata prevalentemente agli “ultimi degli ultimi”: bambini, donne e uomini, famiglie che si trovano in gravi difficoltà. Dalle relazioni con queste persone nascono le attività dell’«Accademia della carità», iniziative culturali di sensibilizzazione rivolte a tutta la cittadinanza, che hanno lo scopo di accrescere la coesione sociale. A volere questo doppio impegno – accogliere e promuovere cultura – era stato proprio il cardinale Martini, che scelse in don Virginio Colmegna il presidente della Fondazione, da lui guidata fino al 2023 e oggi nelle redini di don Paolo Selmi.
Il tour a Milano è stato insomma per i nostri volontari Caritas non solo un viaggio formativo ma anche un vero e proprio “bagno di luce”. Un mentore spirituale ripeteva spesso: «Ogni volta che fai la carità a un povero chiedigli sempre anche scusa, perché con quel gesto stai semplicemente rimediando a un’ingiustizia». È una frase che incornicia bene questa visita a Milano, perché la bellezza che Caritas Ambrosiana dispensa quotidianamente ai suoi poveri è forse il modo più bello – mi si passi la ripetizione – di chiedere loro scusa.