Don Matteo Puthenpurakal ha iniziato il suo ministero pastorale a Perignano e Lavaiano nel pomeriggio di domenica 29 settembre. Riportiamo a seguire l’omelia del Vescovo Andrea.
Attesa, curiosità, partecipazione, stupore, memorie di una bella storia di comunità: è l’aria che si respira oggi a Perignano.
La novità del cambiamento del pastore delle parrocchie di questa unità pastorale di Perignano, dopo tanti anni, coinvolge molti di voi. Riconosciamo i volti: ci sono i giovani, poi le famiglie, ci sono i collaboratori della parrocchia, ci sono anche i ragazzi dei campi alla Rocca, gli animatori e le impareggiabili cuoche; non mancano i chierichetti; ci sono anche le suore, magnifiche… E poi accompagnano questo cambiamento i sacerdoti collaboratori, don Antonio e don Alfonso e il seminarista Tommaso. Pare di vedere su questi volti il riflesso della generosità e della variopinta e intensa opera pastorale di don Armando. A lui va ancora il nostro grazie per il lungo e fecondo ministero presbiterale che ha vissuto e profuso tra di voi. Rimane questa memoria grata e i legami della amicizia. Un grazie che si estende a tutti i volti, le presenze di Perignano che ho ricordato: la vivacità di questa comunità è il frutto di tanti di voi che vi si dedicano e che la vivono. Una bella promessa e un bell’auspicio per don Matteo che inizia oggi tra di voi e che sono sicuro potrà contare sulla vostra collaborazione, consiglio, condivisione profonda e spirituale. Grazie ancora comunità di Perignano.
Don Matteo è accompagnato da tanti che gli vogliono bene: sono in particolare i parrocchiani di Montopoli. Storica e gloriosa parrocchia della diocesi vede oggi partire il proprio parroco, dopo tanti anni di generosa dedizione. E’ un distacco non facile. Il grazie sincero, mio e nostro, è per don Matteo per la delicatezza e la discrezione, insieme alla testimonianza di fede, con cui ha guidato la comunità di Montopoli: il tanto bene fatto rimane e fruttificherà. Ma gratitudine va anche ai fedeli tutti di Montopoli: anche loro hanno vissuto con pazienza e con fede questo delicato passaggio. Li ringrazio per la disponibilità ad accompagnare il loro parroco e anche ad accogliere la novità pastorale che si avvierà tra poco.
Ci lasciamo ora illuminare dalla parola di Dio che sembra proprio guidare i passi del nuovo parroco nel suo iniziare il ministero di prete qui, nell’unità pastorale di Perignano.
Mettiamo in primo piano il vangelo.
Esso ci consegna una parabola di Gesù riguardante il senso, il destino della vita. A che vale vivere? Che senso ha l’esistenza se poi si incontra la morte? Quali sono le cose che contano davvero? E sembra che questa pagina indichi che il povero ha una forza rivelativa, ci parla di Dio Padre, come avevano fatto Mosè e i Profeti. Ascoltare il povero è un po’ come ascoltare Mosè e i Profeti, cioè la Parola di Dio stessa. Il povero ci insegna il senso della vita e delle cose che contano.
Mi soffermo su un particolare: alla porta della casa di questo uomo ricco che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, proprio alla porta, c’è un povero di nome Lazzaro. Un povero sta alla porta di casa… La sua presenza proprio lì, dove non lo si può non vedere o solo si può far finta di non accorgersene, come fa questo ricco, è segno che il Signore non smette di mostrare a ciascuno di noi il senso vero della vita, delle scelte che facciamo, delle nostre priorità, di ciò che davvero abbiamo nel cuore e di come si tratta la vita. Il povero alla porta di casa ti ricorda che la vita è dono, ti è data nella gratuità e che il modo più vero e bello per viverla è accorgersi di chi sta alla porta di casa tua.
Dio non ti fa mancare i segni, le occasioni che ti riportano al senso vero della vita e ti chiedono di viverne il dono. Così fa il povero alla porta di casa.
Caro don Matteo guarda quanta gente c’è qui oggi in chiesa e sembra dire, sembra promettere, che si collocherà, per sempre, alla porta di casa tua. Sono loro, è questa gente, coloro che Dio ama, il suo popolo prediletto che viene messo da Dio alla tua porta perché tu ti possa accorgere davvero di Dio, di cosa ti chiede, del senso della tua vita di prete e con la loro presenza ti ricorda che tu per primo, prete, pastore, parroco la vita la devi donare, la devi spendere, per loro soprattutto e per i più poveri. Loro staranno alla porta di casa tua, mandati da Dio, per farti fare il prete per davvero. Sono loro per primi che ti parleranno di Dio, ti indicheranno la sua opera nella tua vita, nella parrocchia, nella nostra società. Sono loro, è questa gente di amici, che non lascerà la soglia della tua porta finché non esca tu per incontrarli, per benedirli, per aiutarli e condividere e magari, caro don Matteo, per farli entrare anche in casa tua e condividere la tavola della mensa e della fraternità. Pare poi che don Matteo sia un buon cuoco, con quel pizzico di piccante che non può mancare alla cucina indiana.
E’ il primo compito che vorrei ricordare oggi a don Matteo allora: guarda chi sta alla soglia di casa tua, accorgiti di loro, non come questo ricco che si dimentica di Lazzaro. Lascia entrare, dalla porta, nella casa della tua vita, nel tuo cuore. La gente che starà alla tua porta… è il segno evidente della presenza e della rinnovata chiamata di Dio.
La pagina del profeta Amos ci riporta un aspro rimprovero del profeta contro il popolo dissoluto, che crede di aver tutto e che dimentica le miserie della gente. E la profezia diventa minaccia: andranno in esilio e cesserà l’orgia dei dissoluti.
Con il tono della minaccia il profeta, in realtà, annuncia una possibile conversione, un possibile ravvedimento e cambiamento di vita. Il profeta ha il compito di richiamare alla conversione e di annunciare che essa è possibile e che Dio la desidera.
Il profeta Amos, caro don Matteo, oggi ti indica la tua missione: accompagnare il popolo nel cammino di conversione e richiamarne a tutti l’urgenza.
Convertirsi da cosa? Cosa cambiare della vita? Come rinnovarsi? Come far entrare con sempre maggiore decisione nella vita e nella comunità la parola del vangelo?
Si tratta di vivere il cammino comunitario come itinerario di discernimento. Occorrerà mettersi insieme, popolo e pastore, in ascolto della Parola di Dio e dei segni della vita, della concretezza, la quotidianità e comprendere dove vi sta conducendo il Signore. La conversione non è una operazione moralistica di semplice contrasto al peccato, ma è lasciare che sempre di più sia il Signore ad accompagnare i passi, a guidare, a dare la direzione e a rinnovare la vita.
Don Matteo vieni mandato qui per promuovere la conversione di questo popolo, perché la voce del Signore risuoni sempre di più, venga ascoltata e accolta, venga vissuta. E le tante opere belle che già qui si vivono, si realizzano, saranno il segno più bello di questa conversione, dei miracoli che il Signore fa in mezzo a noi. Come il profeta, don Matteo, converti, cioè apri le porte della comunità e della Chiesa al Signore che rinnova e che lascia come comandamento l’amore.
La lettura di Paolo a Timoteo è fin troppo chiara e quasi non richiede commenti. Possiamo solo tratteggiare quanto viene detto.
Ritroviamo l’identikit del pastore, del buon parroco. Si potrebbe giocare a vedere quali di questi requisiti il nostro don Matteo già riveste. Ma mi piace di più pensare che questi sono i regali che il Signore sta promettendo al nuovo parroco. Allora: viene descritto non come don Matteo dovrà essere tra di voi, ma come il Signore gli regala di essere. Attento don Matteo, eh…
Tende alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza; combatte nella vita la buona battaglia della fede, ne è il primo testimone, cerca di raggiungere la vita eterna. Egli sta nella comunità per rinnovare in mezzo al popolo la professione di fede, cioè sta tra di voi come credente, anzitutto.
Cari amici potremmo dire: cosa chiedete a don Matteo oggi? Come gli chiedete di essere, quale parroco tra di voi? Giusto, spirituale, ricco di fede, animato dalla carità, mite, paziente…
Essì don Matteo… è questa la promessa di Dio e si diventa pastori così per la testimonianza, le preghiere e la vicinanza del popolo santo di Dio.
Allora ecco la definizione più bella del prete e del parroco (all’inizio della lettera): Tu, uomo di Dio.
Questo dovrai essere: uomo di Dio. Questo è tutto!
Il calendario colloca in questa giornata la festa dei santi Arcangeli, Gabriele, Raffaele e Michele. Mi piace pensare che oggi si sono tutti messi in movimento per venirti in soccorso e portarti di nuovo la Parola di Dio che chiama, che invia, che incoraggia, che corregge, che ti regala la parola e il parlare. I santi Arcangeli ti ricordino oggi che sei accompagnato da Dio e che Lui sempre sarà la tua guida.
E tu fa come Maria, che accolse la parola di Gabriele e la parola divenne carne… Maria ti educhi all’ascolto e al praticare la Parola.