Seduto in attesa dello spettacolo «Irma Kohn è stata qui» di Matteo Corradini per la 76a edizione del Dramma di San Miniato, mi risuonano ancora le parole con cui don Luciano Marrucci, in una nostra conversazione, seduti su una panchina sulla piazza del Duomo, rispose alla mia domanda: «Don Lù, perché “Teatro dello Spirito”? Cosa vuol dire veramente?» «Vedi, mi disse con il suo atteggiamento accademico e con la sua sigaretta tra le dita (sì, perché uno scrittore non può non fumare, affermava sempre), i teatri convenzionali, bellissimi nelle strutture, ricamati da disegni e cornici dorate, hanno bisogno della coreografia e scenografia, studiate e composte da uomini d’arte, per creare l’ambiente adatto all’opera da trasmettere. Il Teatro dello Spirito, oltre alla piattaforma scenografica, non ha bisogno di ambienti dorati. È la natura stessa che ce li regala, soprattutto il cielo: questa azzurra distesa d’aria, l’atmosfera, ci porta in un mondo di infiniti spazi, dove la luna e le innumerevoli fiammelle lucenti che sono le stelle, accompagnano il tuo spirito nella meditazione, nella riflessione sugli argomenti che la manifestazione teatrale ci porge».
Ecco il Teatro dello Spirito! Stasera 24 luglio siamo qui, in quest’oasi di pace e serenità, a saziarci, attraverso una tematica triste, storicamente per molti anche vissuta, che racconta il dramma di una giovane ragazza ebrea, salvata da morte certa, facendoci riflettere su cosa è il male e il bene, tracciando quella linea non sempre condivisa, tra queste due realtà che impietosamente caratterizzano la nostra vita umana. Una storia che esalta il nostro spirito nella drammaticità della vicenda vissuta, elevandolo potenzialmente dalla quotidianità del nostro vivere. «Irma Kohn è stata qui» ci propone una storia quasi vera, ambientata a Königsberg nel 1945, prima della disfatta nazista e l’entrata dei Russi in città.
È la storia di una adolescente, iscritta nell’ultima lista da Katchinski, membro dello Judenrat, quell’organo ebraico che collaborava con i nazisti per stilare le liste di nomi delle persone che ogni giorno dovevano essere prese da casa e fatte sparire. Irma viene salvata da una partigiana, che la porta a nascondersi in un bordello. Qui è accolta dalla tenutaria, la Nonna, e dalle giovanissime Branta e Meise. Una storia potente e scomoda, con tutti i lati positivi e negativi che si intrecciano e si scambiano tra loro evidenziando quanto sia difficile individuare che cosa sia il bene e il male. Il male assoluto è quello di Wolf, il crudele ufficiale dell SS, che uccide gli ebrei nel bosco ma cede ai ricordi e alla nostalgia del passato. In lui sta il male assoluto, ma dove si annida il bene? Si delineano le figure di prostitute oneste, leali, che cercano in tutti i modi di salvare Irma, la quale viene curata, protetta, considerata una di loro, ma nel rispetto di non violare la sua personalità, la sua moralità, poiché è lì non per sua scelta, ma per la salvezza della sua vita. La casa di prostituzione non appare solo come luogo di sesso, ma è un luogo dove l’onestà, il pudore, la decenza, il rispetto della propria persona uniscono in fratellanza, come in una famiglia, le componenti, tenute strette e protette dalla proprietaria, che afferma: «In un posto così c’è una cosa che tutti in questa città cercano e che solo noi ancora abbiamo: la dignità».
Nel narrare una sorta di favola, in un monologo animato da bellezza e freschezza, Irma mostra la crudeltà del capitano Wolf e lo identifica nel “lupo” che non è un lupo come gli altri: «Si è grigio, grosso e famelico. Ma non è un lupo di pelo di zanne. Ha zampe di cuoio e una divisa grigia. La cinghia del fucile che porta in spalla, copre le mostrine sulla giacca. Incita il suo branco, sente l’odore di ciò che vuole: l’odore della morte. L’odore delle prede nascoste».
Irma contrappone a questa figura, chiusa nella sua malvagità, un ragazzo, Pierino, che vive nella foresta, in mezzo agli animali, suoi amici e compagni di svago e di giochi, e insieme a loro sogna e vuole la sua libertà: non porte chiuse, sbarrate, ma prati, alberi, spazi aperti dove poter correre con la capretta, sguazzare con l’anatra, volare con gli uccellini. Vuole la libertà! Mentre però tutto sembra in preda al male, al terrore, alla morte, il capitano delle SS ha un sussulto di pace e di amore, riconoscendo il bene ed esaltando la verità: «Irma Kohn. Non sei Petra. Non lo sei mai stata. Mancavi tu. Tolgo il tuo nome dalla lista e domani me ne torno a casa». Desiderio di pace, di fratellanza, di unione! Siamo all’epilogo dell’opera: il lupo viene ucciso. Il nemico annientato. La libertà è arrivata! La festa inizia per la vittoria. La città si riveste di allegria mentre alle finestre sventolano le bandiere bianche. La città che cambia, la città nuova! Irma è salva, per lei esiste ancora un futuro, prende un pennello e scrive su un muro, per tenere ancora vivo il ricordo della guerra con le sue paure, sofferenze, atrocità: «Irma Kohn è stata qui». Si innalza un grido alla libertà e tutti i protagonisti dell’opera ripetono in coro questa frase, simbolo di speranza, desiderio di pace, abbraccio di amore per tutti i popoli. È l’invocazione anche delle nostre coscienze, acclamata in questo stupendo Teatro dello Spirito.