Il Crocifisso di Castelvecchio, ben chiuso in una cassetta, venne lasciato da due sconosciuti viandanti nel maggio 1249 nel casolare di una povera donna, con la promessa di tornare a riprenderlo dopo pochi giorni. Promessa non mantenuta. La donna con stupore e soggezione vedeva ogni sera, al calare del sole, rivestirsi di splendore l’arcano contenitore ed emanare raggi luminosi attraverso le fessure. Per il verificarsi di eventi straordinari ritenuti miracolosi nei secoli, la popolazione sanminiatese colmò di devozione, di affetto, di riconoscenza la venerabile immagine.
Già negli anni dal 1347 al 1351, in seguito all’ennesima recrudescenza pestilenziale, in un clima di diffusa instabilità politica e di violenza, sorse un vasto movimento di penitenti che con laudi devote si dirigevano verso i più famosi santuari dell’epoca per invocare la misericordia e la pace dal Signore. In questo clima, eventi straordinari ritenuti opera della divina misericordia, portarono alla pace, e al termine delle malattie suscitarono con spontaneità il culto, la devozione e l’amore al Ss.mo Crocifisso di San Miniato. La venerabile Immagine è stata definita nei secoli passati anche il “Crocifisso della pace”, proprio per i tanti pellegrinaggi nelle città toscane straziate da guerre fratricide. Celebre il pellegrinaggio di 1800 Sanminiatesi che si recarono a Siena e in altre città coinvolte in lizze interne ed esterne. 1800 uomini e donne incappucciati in bianche cappe, scalzi e con una fune al collo, con una corona in mano dietro al Ss.mo Crocifisso, oranti e penitenti per condurre le anime alla pace.
Da oltre 300 anni il venerabile Crocifisso, dalla sua prima dimora del Loretino, è amato e venerato nel suo Santuario, voluto ardentemente dal vescovo Poggi e dai fedeli che ne attuarono con tenacia, sacrifici, e fede la costruzione del magnifico tempio. Una devozione immensa che ha sempre visto i fedeli fare ricorso in ogni necessità all’amato crocifisso. Da ricordare i pellegrinaggi da tutte le parrocchie della diocesi nel 1913 per desiderio del vescovo Falcini in commemorazione dell’editto dell’imperatore Costantino del 313 che donava alla Chiesa la libertà di culto.
Anche nei due conflitti mondiali suppliche di preghiere e di offerte salirono al Ss.mo Crocifisso per i soldati in partenza per il fronte di guerra. Fino ad arrivare allo scorso anno, quando in piena pandemia da Covid, il vescovo Andrea volle che il Ss. Crocifisso, fosse eccezionalmente esposto alla venerazione dei fedeli nella chiesa di San Domenico. I nostri padri da sempre hanno elevato preghiere e suppliche alla Venerata Immagine per il loro lavoro dei campi, per il raccolto e le proprie famiglie. Scoprire l’Immagine, contemplarla con lo sguardo e il cuore era già motivo di gratitudine. Uno sguardo d’amore al Dio d’amore, uno sguardo tra cuori fedeli e innamorati e la misericordia del Signore già si riversava e si riversa ancora su di noi, figli prediletti. Questa era, è e sarà la nostra fede.
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