Tempo di Quaresima

Il silenzio dell’eremo

di A. Baroncini

Il ritorno da un breve soggiorno all’Eremo di Camaldoli, poco prima dell’inizio della Quaresima, mi ritrovo a raccontare un’esperienza che ha lasciato un segno profondo nel mio cuore e nella mia mente. Spinto dalla lettura del libro «Nel silenzio dell’eremo» di Enrica Bortolazzi, ho deciso di immergermi in questo luogo sacro, dove il silenzio non è solo assenza di rumore, ma una presenza viva, capace di trasformare l’anima.

IL SILENZIO CHE PARLA

Il primo impatto con l’Eremo è stato il silenzio esteriore, un silenzio che prepara e accompagna verso quello interiore. Come mi ha ricordato un monaco durante l’incontro iniziale, il silenzio è sinonimo di “vuoto” (vacare Deo), uno spazio lasciato a Dio per riempire l’anima. In questo vuoto, la Parola divina trova terreno fertile per scendere e risuonare dentro di noi. Circondato dalla maestosa foresta camaldolese, ho compreso perché san Bernardo esortava a cercare nei boschi ciò che i libri non possono insegnare. La natura, con i suoi alberi secolari e le rocce antiche, diventa un maestro silenzioso ma eloquente. Il liber naturae, il libro della natura, si rivela più chiaro e universale del liber scripturae. Tra quei sentieri, il silenzio si fa assordante, invitando a porsi domande essenziali, a cui non si può sfuggire senza trovare una risposta.

LA BIBLIOTECA: UN TESORO DI SAPIENZA

Entrare nella biblioteca dell’Eremo è stato come varcare la soglia di un tempio del sapere. Tra scaffalature lucenti e dipinti di evangelisti e dottori della Chiesa, migliaia di libri, alcuni rari e unici, testimoniano secoli di storia e spiritualità. Il monaco bibliotecario, cogliendo il mio stupore, ha condiviso una riflessione profonda: «In Africa dicono che quando muore un vecchio, muore una biblioteca». Una metafora potente che ci ricorda il valore della tradizione e della memoria. Parlando della vita moderna, il monaco mi ha poi sottolineato, con delicatezza e insieme fermezza, la necessità di «tornare ad essere piante», radicandoci nella terra come alberi, per ritrovare il senso di appartenenza al tutto. Le città, costruite su un’utopia irrealizzata, ci stanno soffocando in una morsa sempre più stretta. E mentre l’umanità si incammina verso nuove frontiere tecnologiche, non dobbiamo dimenticare che «il sapere serve solo se c’è qualcuno che apprende». Senza l’uomo, l’intelligenza artificiale perde ogni significato.

LA LUCE DELL’UOMO E IL BUIO DELLA TECNOLOGIA

L’uomo non è un computer. Nei microprocessori c’è solo buio, mentre nell’uomo c’è luce, speranza, vita. Per salvarci dall’egoismo che ci avvolge come un sudario, dobbiamo tornare là dove l’uomo non ha costruito nulla. La vera rivoluzione, mi ha confidato ancora il monaco, è «rientrare dentro di sé», sperimentando un mutamento dello stato di coscienza. Solo così possiamo capovolgere un mondo che sembra avviato verso l’autodistruzione.

LA QUARESIMA: UN CAMMINO DI SILENZIO E RINASCITA

Nel periodo di Quaresima che prepara alla Pasqua, il silenzio diventa un alleato prezioso. Come Gesù nel deserto, siamo invitati a ritirarci, ascoltare e riflettere. Attraverso la preghiera e la meditazione, possiamo costruire ponti verso gli altri, soprattutto verso chi è in difficoltà. «Non chiamiamo Dio a gran voce», ha concluso il monaco. «La sua sorgente è in te: se non le ostruirai il passaggio, nulla ne arresterà la corsa». L’Eremo di Camaldoli non è solo un luogo fisico, ma un invito a riscoprire la profondità del silenzio, della natura e della spiritualità. Un’esperienza che ci ricorda che, per cambiare il mondo, dobbiamo prima cambiare noi stessi.