«Soldato ignoto, e tu?» è il titolo scelto da Michele Fiaschi, consigliere delegato alla memoria e alla pace del comune di San Miniato, per il libro che celebra la memoria del Milite ignoto a cento anni dalla sua tumulazione al Vittoriano (4 novembre 1921). Il volume è stato presentato a Palazzo Grifoni a San Miniato grazie al patrocinio della Fondazione Cassa di Risparmio, lo scorso venerdì 26 maggio. Hanno partecipato all’evento Fabrizio Brancoli, direttore dei quotidiani veneti del gruppo Gedi ed ex direttore del Tirreno e il generale dei carabinieri Rosario Aiosa, che è anche presidente del gruppo delle medaglie d’oro al valor militare d’Italia. Presenti anche il sindaco di San Miniato Simone Giglioli e il nostro vescovo Giovanni.
Monsignor Paccosi, portando il suo saluto, ha voluto riallacciare la memoria della Grande guerra al conflitto tragicamente in corso in Ucraina: «Il Papa non cessa quasi quotidianamente – ha detto il vescovo – di qualificare con frasi simili a quelle che già usò Benedetto XV (“l’inutile strage”) la follia del ricorso alla guerra per risolvere i conflitti internazionali». Poi, confidando un suo ricordo personale ha detto: «Rammento che tanti anni fa, quando andai al sacrario militare di Redipuglia in Friuli (dove sono sepolti centomila militi italiani – ndr), salendo quei gradoni mi venivano le lacrime agli occhi, finché non iniziai a piangere, perché tra le lapidi trovai il nome del fratello della mia nonna che era morto al fronte a 20 anni. Passa allora anche attraverso la memoria e il ricordo, il far sì che queste cose non si ripetano. Perché se perdiamo la memoria, smettiamo anche di renderci conto di quale follia rappresenti la guerra».
Il sindaco Giglioli ha ricordato invece il tragico pegno che San Miniato pagò alla Grande guerra: «All’epoca il nostro comune contava circa 20 mila abitanti, ed ebbe 565 vite spezzate (quasi il 3% dell’intera popolazione – ndr) e ben 450 mutilati. Tutti ragazzi, in gran parte contadini». Un dramma che fu anche economico, ha sottolineato il primo cittadino: «Nel contesto di una economia che era quasi esclusivamente mezzadrile, pensate a cosa ha significato togliere queste vite dalla cura dei loro poderi. A tante famiglie vennero letteralmente a mancare la braccia per andare avanti».
Fabrizio Brancoli ha condotto invece i partecipanti attraverso un racconto emotivo, modulato dalle suggestioni arrivategli dalla lettura del libro: «Il Milite ignoto è il baricentro fisico e morale dell’Italia, prima regia e poi repubblicana. È la pietra angolare della nostra patria». «La storia del Milite ignoto è anche una straordinaria storia di comunicazione di contenuti, in cui si decide di riesumare delle salme ignote. Si premia in qualche modo l’anonimato». Brancoli ha poi richiamato la vicenda che il 28 ottobre 1921 vide la piccola e gracile Maria Bergamas, madre di un sottotenente caduto al fronte, sfilare a passi lenti accanto a 11 bare di soldati ignoti riesumati e traslati nella basilica di Aquileia, dove questa madre – emblema di tutte le madri d’Italia – avrebbe dovuto scegliere il milite da tumulare all’Altare della patria. Arrivata alla decima bara la donna ebbe un malore e si accasciò su quel feretro. Il dolore scelse per lei. Fu quella la bara che poi andò a Roma a eternare il ricordo di tutti i caduti.
Il generale Rosario Aiosa ha richiamato invece il ricordo del colonnello Giulio Dué, colui che si può dire abbia “inventato” il concetto di “Milite ignoto”. Un uomo dal forte carisma che entrò anche in conflitto con le gerarchie militari, soprattutto col generale Cadorna. Dué aveva intuito che non era più tempo per gloriare ed eternare la memoria del milite vincitore, come era sempre accaduto fin dai tempi più antichi. Sosteneva infatti, in un certo senso esasperando, che la Grande guerra l’avevano vinta i fanti a dispetto dei generali. I politici dell’epoca capirono le esigenze della nazione e accolsero le idee di Dué. La riesumazione e poi la tumulazione richiese il passaggio parlamentare. Il 28 ottobre la Bergamas effettua la sua scelta. Il 29 il feretro parte in treno da Aquileia. Le molteplici stazioni toccate durante il tragitto fino a Roma, furono teatro del cordoglio unanime del popolo italiano, che accorse in massa a salutare il soldato senza nome. La salma arrivò nella Capitale il 4 novembre. Da piazza Esedra fino al Vittoriano venne scortata dalle medaglie d’oro della Grande Guerra. In quell’occasione anche il soldato senza nome venne insignito della medaglia d’oro al valor militare.
La presentazione è stata chiusa dall’autore stesso, Fiaschi, che ha rammentato come «il Milite ignoto sia padre, figlio e fratello di tutti. Un uomo che forse neppure voleva farla la guerra, e che oggi ci dona, grazie a una continua presenza tra noi, la sua testimonianza di pace».