Riflessioni

Il faro della speranza

di Antonio Baroncini

Ormai le luci colorate che hanno rallegrato con i loro disegni luminosi le nostre strade, le piazze, i balconi delle nostre case durante le festività natalizie si stanno spegnendo.

Ci prepariamo a un anno incerto, bagnato ancora dal sangue di tanta gente inerme e di bambini nella loro innocente età, segnato dalla distruzione e dal dolore della guerra. Resta acceso solo un lampione che nel buio degli avvenimenti emana luce, che seppur forte non riesce ad illuminare lo spazio circostante, come ce lo dipinge nel suo quadro «L’Empire des Lumières» René Magritte.

È il lampione della speranza che ci illumina, quando invochiamo un mondo più giusto, più equo, che infonda pace e serenità anche nelle nostre anime. IL 2025 è l’anno del Giubileo che si intreccia con la conclusione del Sinodo: circostanze che ci coinvolgono entrambe nella costruzione di una Chiesa viva, attiva, ricca di fede, espressione reale di un cammino di crescita spirituale ed umana. La pace si costruisce giorno dopo giorno in primo luogo nella serenità del nostro cuore. Non vi può essere pace se nell’uomo vi è la presunzione a trovare solo le presunte cause di questi orrendi conflitti negli errori degli altri, trincerandosi nel proprio orgoglio personale, credendosi solamente vittime e soggetti superiori nelle idee, nella formazione, nello stile di vita religioso e sociale.

Tutto questo ci spinge ad offrire un’alternativa etica ai sistemi oggi dominanti. Il vescovo Giovanni, nella sua omelia all’inizio dell’Anno Santo, ci ha presentato un quadretto naturale molto indicativo e riflessivo: aprendo la finestra alle prime luci dell’alba, osservando il sorgere del sole da dietro le nostre colline sanminiatesi, ed accompagnandolo ancora nel suo crescere, mentre emana sempre più luce e calore, questa immagine sia per tutti noi un esempio di forza spirituale nel cercare in noi stessi il sorgere dell’amore, come una risorsa viva capace di ispirare un modo nuovo nella contemplazione e realizzazione di ogni nostra cosa. Scrive il vescovo Giovanni: «Siamo pellegrini di speranza e il nostro pellegrinaggio ha due direzioni.

Camminiamo verso Gesù, per adorarlo, per convertirci a Lui, riconoscendo che abbiamo bisogno di Lui per non perdere la nostra vita. Ma il nostro essere pellegrini di speranza in quest’anno è chiamato a tradursi in un altro movimento: che ci amiamo gli uni gli altri».