Da giovedì 28 a sabato 30 aprile si è svolto a Roma il convegno «Ecclesia in Sanctuario, abitare il tempo per un ben-essere integrale delle persone», organizzato dall’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della Cei.
Al convegno hanno partecipato anche il nostro vescovo Andrea, che è delegato Cet proprio per Turismo, Sport e Tempo libero e don Tommaso Botti, responsabile degli analoghi dicasteri a livello diocesano. Si è trattato di un appuntamento riassuntivo sulle attività portate avanti negli ultimi anni dalla Cei in questi ambirti, che ha voluto proporsi anche come ideale trampolino di lancio per una serie di progetti di ripresa e approfondimento su tematiche che riguardano sia l’ambito del turismo che l’ambito dello sport.
Il convegno prevedeva momenti in assemblea comune e tre gruppi di lavoro a tema specifico su “Cammini e santuari”, “Sport, oratorio e cittadinanza” e il terzo sui “Parchi culturali ecclesiali e i luoghi dell’ospitalità”. Un programma come si può bene intuire, che ha offerto una grande ricchezza di spunti con prospettive d’interesse anche per il nostro territorio diocesano, che in gran parte dei suoi distretti ha una vocazione specifica al turismo e al tempo libero di qualità.
Un convegno tanto più significativo perché arrivato dopo due anni in cui il turismo, anche religioso, è rimasto sostanzialmente al palo a causa dell’emergenza sanitaria. Su quanto discusso a Roma abbiamo rivolto alcune domande a monsignor Migliavacca e a don Botti…
Eccellenza, un convegno che torna a far riflettere su turismo e sport, ambiti che hanno molto sofferto le restrizioni imposte dai due anni di pandemia. Quali risonanze porta a casa dalle sessioni di lavoro e quali ricadute positive possono avere per i nostri territori i contenuti sviluppati al convegno?
«Gli ambiti che rappresento per la Conferenza episcopale toscana di pastorale del tempo libero, turismo e sport, sono tutti ambiti D che parlano di aggregazione. Il convegno è stato un invito forte proprio a riprendere e favorire la dimensione aggregativa nello sport, nel turismo e nel tempo libero, con proposte di valore che possano aiutare, ad esempio, l’incontro dei ragazzi e dei giovani. Da questo punto di vista ci sono state testimonianze interessanti, come ad esempio quella di Ferdinando De Giorgi, coach della nazionale maschile di pallavolo, il quale ha parlato delle qualità e competenze che occorrono “per fare squadra”. Quali risonanze porto a casa? Beh, direi lo stimolo ad attivare maggiormente questi servizi di aggregazione a livello diocesano e a livello regionale con la Cet, pensando già da adesso a promuovere un maggior coordinamento tra le varie realtà interessate».
Una delle conversazioni portanti del convegno, tenuta da Massimiliano Padula della Pontificia Università Lateranense, verteva sul “Tempo liberato per il ben-essere integrale”. Cosa esprime la nozione di “tempo liberato”?
«Il “tempo liberato” è quel tempo che diventa spazio ricco di valori, carico di senso e quindi ricco di esperienze vitali di crescita per la persona». Il laboratorio a cui ha partecipato lei Eccellenza, era sui cammini e i santuari… Si è parlato di cercatori di speranza e di incontro, due dimensioni saldate tra loro e fortemente evocatrici: il cammino, la strada, sono anche luoghi d’incontro con il mistero di sé e il mistero di un altro da sé. Come possono le nostre chiese, le nostre parrocchie, accompagnare e facilitare queste esperienze di ricerca e incontro tra persone? «Intanto devo dire che il laboratorio è stato estremamente interessante: abbiamo lavorato proprio in modo laboratoriale, non tanto quindi nell’ottica di una discussione ma del confrontarci a piccoli gruppi per costruire un ideale progetto su questi temi, soprattutto nell’ambito dei cammini. Certamente “cammino” vuol dire itinerario, cambiamento, meta, incontro, fraternità… e lo stimolo che è arrivato per me e per don Tommaso è stato quello di valorizzare i cammini che abbiamo sul nostro territorio diocesano, penso in particolare al cammino della Via Francigena, nell’idea di promuoverlo anche come proposta pastorale per le nostre comunità e le nostre parrocchie».
Don Tommaso, tu hai invece partecipato al laboratorio “Parchi culturali ecclesiali e luoghi dell’ospitalità”. Cos’è un parco culturale ecclesiale e perché durante i lavori si è parlato di bellezza come forma di speranza?
«Innanzitutto permettimi di dire che questo convegno è stata l’occasione per conoscere tante persone e allacciare tante relazioni che porteranno sicuramente frutto… Un parco culturale ecclesiale è un sistema territoriale che valorizza e promuove, in maniera coordinata, il patrimonio liturgico, storico-artisitco, ricettivo e ludico di una o più diocesi… La bellezza è una connotazione, una forma di speranza, e questa forma di speranza può essere veicolata proprio dai parchi culturali ecclesiali, quindi può essere trasmessa dalle nostre chiese. È anche una modalità con la quale dare nuova forma all’ospitalità che in questi luoghi viene sempre offerta».
E quali tra gli stimoli e le suggestioni proposte durante il convegno sono secondo te immediatamente attuabili sui nostri territori e nelle nostre parrocchie?
«La cosa importante direi che è quella di mettersi al lavoro… io per primo desidero impegnarmi per questo, sperando nella disponibilità dei miei confratelli sacerdoti e ancor più dei laici. Insieme potremo capire come attuare gli stimoli emersi del convegno, valorizzando ancor di più il nostro patrimonio culturale, in vista anche dei due giubilei che ci attendono: quello della diocesi, a 400 anni dalla sua fondazione (5 dicembre 2022), e quello della Chiesa universale nel 2025; sono eventi che richiameranno entrambi sicuramente una grande attenzione sui nostri territori. Tutti poi sappiamo dell’importanza della Via Francigena che passa dalle nostre terre e per il 2025 dovremo sicuramente essere pronti a valorizzarla anche da un punto di vista pastorale».
Intervista di Francesco Fisoni