Domenica 22 gennaio, alle ore 17, in Cattedrale, si è celebrata a livello diocesano la «Domenica della Parola», fortemente voluta da papa Francesco nel 2019, per ravvivare nei credenti il senso di responsabilità riguardo alla conoscenza, all’approfondimento e all’amore verso la Sacra Scrittura.
In concomitanza con i 400 anni dalla fondazione della nostra diocesi, nella stessa occasione sì è anche celebrato il Giubileo dei Lettori. In questo ambito quest’anno infatti sì è compiuto un percorso di introduzione alla conoscenza della Sacra Scrittura e sulle tecniche di dizione per farsi capire bene durante la Lettura della Parola di Dio nella Sacra liturgia.
L’ultimo appuntamento di questo corso introduttivo si è svolto lo scorso 13 gennaio sul tema della questione del rapporto tra Antico e Nuovo Testamento, che ha animato un importante dibattito teologico nella storia della Chiesa. Il relatore don Benedetto Rossi, biblista e docente di Sacra Scrittura presso la Facoltà teologica dell’Italia Centrale, ha chiarito alcuni importanti aspetti sull’argomento. È sbagliato interpretare il rapporto tra i due testamenti come una frattura o una discontinuità marcata, quando non addirittura come una vera e propria contraddizione. Un approccio coerente dovrà verificare come i due testamenti possano combaciare e formare così l’unica Bibbia. Il modello interpretativo più antico, quello tipologico, vede la prefigurazione del Nuovo Testamento nell’Antico.
A questo proposito, occorre anzitutto distinguere il concetto di “tipo”, che significa segno, forma, dal suo contrario, quello di “antitipo”. L’Antico Testamento presenta delle immagini, delle realtà personali, dei fatti che non sono racchiusi in se stessi ma che hanno delle caratteristiche che ritornano nel Nuovo Testamento. È il caso, ad esempio, della figura di Giuseppe che costituisce un tipo della figura di Gesù Cristo: entrambi amati dal padre, entrambi odiati per gelosia, il primo creduto morto e il secondo morto e risorto per i peccati degli uomini ed entrambi causa di salvezza.
Come antitipo, invece, possiamo ricordare la figura di Adamo, delineata in termini negativi – colui che ha causato l’ingresso della morte nel mondo – e quella del Nuovo Adamo, Gesù Cristo, autore della vita. Nella storia della Chiesa il rapporto tre i due testamenti è stato colto anche secondo un’altra chiave di lettura che potremmo definire di Promessa-Adempimento. L’Antico Testamento sarebbe un’introduzione al Nuovo perché soltanto quest’ultimo costituirebbe l’evento compiuto (Mt 5, 17-20: «Non sono venuto ad abolire la Legge e i Profeti ma a dare compimento»). Un ulteriore metodo di studio è quello storico-salvifico: la Bibbia è la testimonianza di una storia intesa come una storia della salvezza in cui la persona di Gesù Cristo è un mediatore speciale che porta alla futura salvezza come compimento delle Sacre Scritture.
Come ultimo contributo don Benedetto Rossi ha spiegato il rapporto tra l’alleanza del Sinai e la Nuova Alleanza che si realizza in Gesù Cristo, unico vero Dio, unico vero uomo. «È un tema impegnativo» ha detto Rossi ma è stato interessante approfondirlo. E l’esempio più diretto riguarda la pagina biblica del sacrificio di Isacco: il capretto che sostituisce Isacco diventa il vero Isacco, il vero tipo Gesù che offre se stesso, liberamente, gratuitamente in una rigenerazione che è l’elemento vitale nel rapporto tra la Nuova Alleanza e l’Antica Alleanza, tra Antico e Nuovo Testamento.