«Siamo ormai vicinissimi alla Pasqua: e cosa è che più ci ricorda la Pasqua?» questa è la domanda che monsignor Cristiano d’Angelo ha rivolto ai fedeli all’inizio della lectio biblica sull’Esodo che si è svolta lunedì 7 aprile presso la chiesa della Trasfigurazione a San Miniato Basso. E la risposta è stata: «La cosa che più ricorda la Pasqua è la liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù d’Egitto e, simbolicamente, il passaggio del mare».
Ma se guardiamo all’Esodo, «il racconto della liberazione è un racconto brevissimo». In realtà «la preoccupazione dei testi dal capitolo 12 al capitolo 15 dell’Esodo», analizzati nella lectio, «è di natura legale»: come si deve celebrare la Pasqua. La Pasqua è anzitutto «memoriale», monumento di un rito che ricorda il fatto storico: «Dio ha liberato fisicamente Israele». Monsignor D’Angelo ha rivelato una «stratificazione» «S storica della Pasqua: «la festa della Pasqua antica, all’inizio, non parlava affatto della liberazione». Era precedente e «parlava dell’immolazione di un animale che teneva lontano dal male».
Ma a partire dalla Pasqua ebraica «la festa assume un significato nuovo: la liberazione dalla schiavitù». La Pasqua assume poi il significato di pellegrinaggio: lo stesso «Gesù va a celebrare la festa a Gerusalemme con i dodici» evento che assumerà un vero e proprio significato pasquale perché lo stesso Gesù annuncerà il sacrificio per il riscatto di tutti. Dal punto di vista spirituale, l’analisi di mons. D’Angelo è stata chiara: egli ha parlato dei temi centrali dell’idolatria e del sacrificio. Ed in primis Dio dirà «farò giustizia di tutti gli dei d’Egitto». Ed il significato è un altro e tale: «io ti posso liberare da un’oppressione fisica, concreta, storica ma se tu sei idolatra ritornerai schiavo».
È quanto detto nei dieci comandamenti: «Io sono il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile. Non avrai davanti a me nessun altro dio e non ti farai nessuna immagine, nessun idolo». Ma il popolo d’Israele è un popolo di dura cervice: quando Mosè scende dal monte con i dieci comandamenti trova il popolo con il vitello d’oro. È qualcosa che rimarrà sempre: «è il bisogno umano di ridurre ad un’immagine ciò che non può essere ridotto ad un’immagine». Il secondo tema spirituale è il sacrificio dell’Agnello nella notte di Pasqua, che rimanda all’Agnello immolato per noi, il Signore Gesù. «Egli è la vittima sacrificale che ha rimesso i nostri peccati». Ma la volontà è un’altra: «misericordia io voglio, non sacrifici». E la misericordia è il cuore libero capace di donarsi, capace di perdonare, e tutto ciò è possibile grazie a Gesù e allo Spirito di Dio.