San Miniato, 5 luglio 2007

COMUNICATO STAMPA DELL’ASS. SCIENZA&VITA

I membri della Associazione Scienza&Vita di San Miniato ritengono che una scelta per essere veramente libera debba essere pienamente consapevole e non condizionata. I fatti ci dicono che molto spesso l’aborto è la scena finale di un dramma che ha già vissuto tante difficoltà affettive, esistenziali e economiche: è elevata la percentuale di aborti di extracomunitarie, di donne che hanno già figli a carico e che abortiscono più volte nella loro vita.
Per questo vogliamo creare una rete di aiuto e solidarietà che interpelli la cittadinanza spingendola a farsi prossima a chi ha bisogno di aiuto. Desideriamo attivare un centro di raccolta permanente di beni per l’infanzia e dei momenti di formazione e confronto aperto a tutti, che inizieranno con l’incontro con l’On. Carlo Casini di Venerdì 13 luglio, 21.15, a San Romano (PI), in cui parleremo della pillola Ru 486, diffusamente utilizzata in Toscana.
Secondo noi la discussione non può prescindere dalla realtà dei fatti registrati nel mondo con l’utilizzo di questo metodo abortivo e dal chiedersi perché la ditta produttrice non ne abbia mai chiesto la registrazione in Italia; non capiamo la fretta dell’utilizzo di pillole la cui sperimentazione è stata bloccata in Piemonte dalle stesse autorità che la avevano richiesta, vorremmo sapere con che procedura vengono usate, non essendoci un protocollo ufficiale.
Riteniamo non si possa sorvolare sulle morti avvenute, tra l’altro, in America, Svezia, Canada (durante la sperimentazione, causandone il blocco), che fanno sì che il rischio di mortalità dell’aborto chimico sia dieci volte più grande rispetto al chirurgico e sulle pesantissime conseguenze fisiche, manifestate in larga percentuale, con disturbi quali giorni e giorni di flussi emorragici di volume anche doppio rispetto al normale, nausea, vomito, diarrea, svenimenti, vertigini e altro ancora.
Ci stupisce rilevare che poche ore dopo la somministrazione delle pillole le donne vengono fatte uscire dall’ospedale: nessuno infatti può dire quando avverrà l’aborto. Le donne sono lasciate da sole in casa, in ufficio, ovunque (il protocollo francese raccomanda lontano dai bambini), anche per giorni, a monitorare il flusso del sangue cercando di capire se l’espulsione è avvenuta, controllando gli assorbenti alla ricerca dei resti dell’embrione. Alcune nemmeno si presentano alla visita finale che, dopo ben 15 giorni dalla somministrazione della prima pillola, determina se l’utero è stato effettivamente svuotato. Per il 5-8% delle donne si dovrà procedure comunque ad un intervento chirurgico.
In America, si è aperto un grande dibattito in seguito a diversi decessi di giovani donne causati dall’assunzione di Ru 486: perché in Italia viene presentata da molti medici come una pillola innocua, tacendo su fatti realmente verificatisi e documentati? Perché introdurre anche da noi questo metodo, usato solo dal 5-6% delle donne che abortiscono in paesi come Spagna, Germania, USA, se ha dato così tanti problemi?
La legge 194 ci pare che preveda ben altro, si parla di procedure sicure all’interno di strutture ospedaliere, non di aborto casalingo e soprattutto non di rischio di morire insieme all’embrione che si ha in grembo, magari, come è successo, mentre si è al telefono chiedendo al medico ragione del proprio dolore, sentendosi ripetere di stare tranquilla, che non è niente.

Scienza&Vita San Miniato