Quando sentii parlare per la prima volta di Caro Acutis, non approfondii la conoscenza del beato, oramai santo. E non avrei immaginato di incontrarlo, ignaro, sulla strada ad Assisi. Quest’estate, infatti, sono stato lì in viaggio con mia madre. Al santuario della spoliazione, nei pressi di Santa Maria Maggiore ho avuto modo di conoscere Carlo. Nello stesso luogo in cui san Francesco si spogliò davanti al padre Pietro Bernardone, a poca distanza dalla basilica in cui riposa santa Chiara, gli occhi di Carlo risplendono. A quel punto, impressionato da Carlo decisi di cercare qualche pubblicazione su di lui per sapere più precisamente chi era e cosa avesse fatto. Proprio mentre uscivo da un negozio di souvenir, i miei occhi si sono posati su una piccola pubblicazione: «Carlo Acutis.
Sulle orme di San Francesco e Santa Chiara d’Assisi. Originali, non fotocopie», di Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno. Sfogliandolo ho visto foto che ritraevano Carlo nella quotidianità. Anche per questo motivo ho deciso di prenderlo. Il vescovo di Assisi parla chiaro: «Carlo Acutis non era un francescano. Era un ragazzo del nostro tempo, innamorato di Gesù e devotissimo a Maria». Era sempre felice, con un gran senso dell’umorismo e con una gran voglia di vivere. E ci fa strada verso un altro grande giovane, san Francesco, un ideale “impossibile” da raggiungere. Lo fa con un metodo tutto suo con la semplicità di quindicenne nel fiore dei suoi anni, ma allo stesso tempo andando controcorrente: prende posizione su temi caldi come l’aborto, la masturbazione, i rapporti prematrimoniali. E su un tema a lui caro la castità: la sessualità è, per lui, un dono di Dio ma rifiuta la pornografia, non senza qualche combattimento.
Carlo Acutis ha girato mezzo mondo: Toledo, Lisbona, Fatima, Lourdes e poi … la città dell’anima, Assisi. Ha conquistato tutti con l’amore e dove non arrivava fisicamente arrivava con la tecnologia, per lui, un don di Dio che può aiutare a comunicare a grandi distanze in un attimo. Francesco e Carlo sono molto vicini su orizzonti importanti. Per quanto riguarda la povertà basta la testimonianza della madre: «Scoprii dopo la sua morte che era stato amico di molti poveri senza che io me ne accorgessi». E poi c’è l’altro grande tema: l’amore per la natura in tutte le sue forme. La sua poesia preferita era il Cantico di Frate sole. Francesco, Chiara e Carlo invitano a custodire l’equilibrio ma lo fanno nel rispetto della gerarchia dei valori La figura della donna per Carlo è fondamentale: «A Vallegloria di Spello vicino ad Assisi c’è un convento di clarisse. Qui il piccolo Carlo rimane incantato dal loro stile di vita ricco di preghiera e adorazione eucaristica».
C’è una domanda di fondo a cui tenta, nel testo, di rispondere monsignor Sorrentino: «Come affronta la morte Carlo? Muore con il canto nel cuore. E la sua testimonianza è in linea con il suo messaggio: “La tristezza è lo sguardo rivolto verso sé stessi; la felicità è lo sguardo rivolto verso Dio”. E c’è un brevissimo ma significativo videoclip in cui egli appare sorridente pochi mesi prima di morire, in cui esclama: “Sono destinato a morire”. E le braccia si aprono in senso di accoglienza, di saluto, quasi di abbraccio». È un attimo, un attimo fondamentale come lo era stato per Francesco; e Carlo si lascia andare nelle braccia di “sorella morte”. E quel sorriso fa viaggiare Carlo alla velocità di Gesù, un volto sorridente pronto a correre in cielo, sempre vicino a Dio.