In quella piazza San Pietro gremita di 60.000 persone per l’udienza del Papa c’eravamo anche noi, della diocesi di San Miniato, portando nel cuore anche chi è rimasto a casa, insieme ai confratelli di Empoli, Sovigliana e Fibbiana, con i quali condividiamo più concretamente l’appartenenza al popolo generato dal carisma di don Giussani.
L’emozione e la trepidazione, ci hanno accompagnato dalla partenza, sono cresciute mano a mano che intorno a noi cresceva quel popolo e la gratitudine per il carisma a cui siamo stati consegnati si è espressa nei canti della nostra storia fino ad essere incontenibile quando nella piazza è riecheggiata la voce registrata di Don Giussani: la commozione ha vinto e le lacrime sono scese sul volto di diversi tra noi, sia di chi ha avuto la grazia di incontrarlo personalmente, sia di chi l’ha conosciuto attraverso altri conquistati dal suo carisma, perché, come ha ricordato Davide Prosperi, presidente della Fraternità, salutando il Papa: «Don Giussani ha acceso veramente un fuoco nella vita di migliaia di uomini e donne, ha trasmesso il fuoco che è lo Spirito Santo, fuoco di conoscenza di Cristo e dell’uomo». Poi le parole del Papa, che aspettavamo col cuore aperto ad accoglierle, fiduciosi nell’abbraccio misericordioso della Chiesa, modalità della presenza di Cristo oggi, compagnia in cui sperimentare la familiarità con Lui. Il riconoscimento da parte del Papa della genialità pedagogica e teologica di don Giussani ci ha aperto all’orizzonte della Chiesa universale; le sue parole sui «per niente facili periodi di transizione, quando il padre fondatore non è più fisicamente presente, sono state l’incipit della attenzione di un padre che, amando i propri figli, corregge, guida, indica, riprende, sostiene, incita».
I tre aspetti di don Giussani ricordati dal Papa – don Giussani uomo carismatico, don Giussani educatore, don Giussani figlio della Chiesa – ci hanno interrogato personalmente, rispetto alla nostra vita quotidiana negli ambiti della famiglia, del lavoro ed anche della Chiesa che è in San Miniato. Ognuno di noi era lì presente perché affascinato dal suo carisma: «La passione per l’uomo e la passione per Cristo come compimento dell’uomo» ricordata dal Santo Padre ci interroga sulla nostra tensione a lasciarci affascinare affinché quell’incontro, quell’avvenimento non sia un ricordo lontano ma un’esperienza quotidiana. Papa Francesco ci ha indicato il metodo: «Ricordare… generare… trovare i modi e i linguaggi adatti perché il carisma raggiunga nuove persone e nuovi ambienti». È un richiamo ineludibile alla «responsabilità personale di ciascuno di fronte al proprio destino», nei vari ambiti, come il Papa stesso ci ha ricordato a proposito del metodo educativo di Don Giussani.
Infine ha avuto eco profonda in noi la sottolineatura che Francesco ha fatto circa il rapporto tra autorità e carisma, istituzione e movimento. Don Giussani – ha sottolineato il Santo Padre – aveva fedeltà, affetto, amore, tenerezza riverenza per la Chiesa perché «credeva che essa è la continuazione di Cristo nella storia». Ma la Chiesa universale ci raggiunge da vicino proprio attraverso la Chiesa locale, in primis la Diocesi a cui apparteniamo. Il Papa ha citato ancora don Giussani: «L’autorità assicura la strada giusta, il carisma rende bella la strada». Proprio così. Proprio questo ognuno di noi sperimenta nella modalità più adeguata nel suo voler bene alla Chiesa. E sempre il santo Padre ci ha ricordato: «È la Chiesa il luogo in cui tutti i carismi vengono custoditi, alimentati e approfonditi». Se questa è sempre stata per ognuno di noi una certezza, a cui don Giussani ci ha educato attraverso la sua modalità di rapporto con l’autorità, con i vescovi ed i diversi papi incontrati, abbiamo avuto la grazia che nel rapporto col vescovo Andrea questo per noi si è tradotto in una guida paterna ed in un reciproco affetto, sostegno, conforto e guida. Giornata che porteremo sempre nel cuore grati allo Spirito Santo che ha suscitato il carisma del fondatore del nostro fondatore e alla Chiesa che lo ha riconosciuto, lo guida e lo sorregge. A noi la responsabilità di renderlo incontrabile.