Celebrazione eucaristica per l’inizio dell’Anno Pastorale

«Chiamati nella comunione, mandati a testimoniare il Suo amore»

L'omelia del Vescovo Giovanni

«Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: “Violenza!” e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione?» L’inizio della lettura di oggi, tratta dalla profezia di Abacuc, è anche il grido che freme nel nostro cuore, in questo tempo segnato dalla guerra e dall’odio.

Lo scorso anno, portando in processione il SS. Crocifisso, forse non avremmo immaginato di vedere, dopo un anno, ancora lo stesso sangue versato, la stessa ingiustizia affliggere la povera gente, nell’immane scempio di Gaza, nella violenza senza fine in Ucraina, nelle guerre dimenticate che hanno provocato, solo nel 2024, 250.000 morti in tante parti del mondo. «Perché resti spettatore, Signore?»

Ma lo stesso Abacuc afferma la prima cosa che dobbiamo tener sempre presente, come un filo di luce che anche nei giorni più scuri segna l’orizzonte: il giudizio di Dio viene. Il giudizio viene non come minaccia, ma come speranza. Non è tutto bloccato, non è tutto solo il grigio della polvere e della cenere, il male non vincerà mai il bene. C’è una scadenza al male: «Se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà». E Abacuc ricorda anche da dove può germogliare il bene. Oltre il grido, oltre la denuncia, c’è da uscire da noi, da tendere l’orecchio e il cuore, ascoltare: «Se ascoltaste oggi la sua voce!» Ascoltare e vedere, convertirci: volgere lo sguardo al punto da cui viene la luce, come nel primo istante dell’aurora, quando tutto sembra ancora buoi, ma c’è un punto da cui comincia a schiarire da cui viene una voce, che non grida, ma interpella.

Quel punto, quella voce è Gesù. Gesù tra noi. «Chiamati nella comunione», dice la prima parte del titolo di questa giornata. Nella comunione della nostra Chiesa, Lui ci viene incontro, per rianimare la nostra fede e la nostra speranza. Esse sono il grande dono che, ci dice l’apostolo Paolo, è come un fuoco che dobbiamo ravvivare. «Ricordati», dice a ognuno di noi (perché la nostra comunione non è una massa, ma è fatta dal sì di ognuno di noi), ricordati di «ravvivare (custodire) il dono di Dio… Dio, infatti, non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza». Forza, carità e prudenza: ma non sono altri nomi di fede, amore e speranza?

«Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro… con la forza di Dio, soffri per il Vangelo… con la fede e l’amore». Da quando Gesù è venuto nel mondo, Dio viene e agisce attraverso di Lui, e – sembra impossibile guardando la nostra poca fede – attraverso di noi. «Soffri per il vangelo». Chi di noi ha davvero sofferto per Gesù, per la sua testimonianza? Per questo con gli apostoli anche noi allora gridiamo: «Accresci in noi la fede!». E Gesù ci risponde. «Il Signore rispose: “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: ‘Sràdicati e vai a piantarti nel mare’, ed esso vi obbedirebbe”». Com’è piccola ancora la nostra fede! La fede è forza e certezza che il male non vince, è decisione di affidarci totalmente a Lui, per esserne testimoni. Nella fede, nell’ascolto e nello sguardo fisso su di Lui, nella disponibilità a lasciarci cambiare, possiamo essere testimoni di speranza, vivendo la novità del vangelo.

«Chiamati nella comunione»: allora saremo comunità che praticano l’amore, l’amore a Cristo che diventa amore concreto al fratello e alla sorella che Lui ci mette accanto, comunità che ravvivano il dono ricevuto, queste possono essere speranza concreta. Comunità di cristiani che riconoscono di essere mandati a testimoniare il Suo amore: che il Signore ci conceda di rinnovare il dono ricevuto, con la disponibilità a lasciarci cambiare secondo il vangelo.

E anche noi diremo: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare». E lo diremo con gioia, perché è un Altro che fa tutto, è un Altro che ci chiede solo la disponibilità a lasciarlo agire, a lasciarci trasformare. Quanti giovani, quanti poveri, quanti anziani, quante persone che perdono la speranza, hanno bisogno di vedere attraverso di noi l’aurora senza fine del Vangelo?

La pace, che riceviamo, siamo chiamati a costruirla con la paziente disponibilità alla conversione, a lasciarci cambiare dallo Spirito, nella sequela cordiale della Chiesa in cui Cristo ci viene incontro e ci strappa dal comodo, per renderci sempre più coscienti di essere «Chiamati nella comunione, mandati a testimoniare il suo amore».

 

 

+ Giovanni Paccosi

 

Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Genesio – San Miniato

XXVII domenica del tempo ordinario

(Ab 1,2-3;2,2-4; Sal 94; 2Tm 1,6-8.13-14; Lc 17,5-10)