«Per noi che vi abbiamo partecipato, laici e sacerdoti, quest’esperienza costituisce, per il fatto stesso di poterla raccontare, uno straordinario arricchimento per la nostra Diocesi di San Miniato». Queste le parole del Vescovo Andrea al rientro dal viaggio in Cina, dove ha accompagnato una delegazione diocesana in visita alle comunità cristiane locali. «Il viaggio svoltosi dal 27 agosto al 7 settembre – continua mons. Migliavacca – ci ha permesso di allargare i nostri orizzonti e di scoprirci parte di una Chiesa più grande e davvero universale».
Abbiamo rivolto alcune domande al nostro Vescovo chiedendogli di fare un bilancio di questa straordinaria esperienza.
Come è nata l’idea di effettuare un viaggio in Cina?
Alcune famiglie del cammino neocatecumenale che là vivono ci avevano da tempo rivolto un invito a visitarle. Il desiderio di onorare questa richiesta ha fatto scaturire questo viaggio, che ci ha portato anche a conoscere la realtà delle Chiese che là sono presenti. Con padre Antonio Sergianni, conoscitore della Cina (vi è stato per molti anni come sacerdote del PIME), abbiamo valutato e approfondito l’opportunità di questa iniziativa. Successivamente si sono aggregati a me e a padre Sergianni, un gruppo di persone, tra cui alcuni aderenti al Cammino neocatecumenale e i sacerdoti diocesani don Tommaso Botti, don Giovanni Fiaschi e don Marco Balatresi.
Quali luoghi e quali Chiese avete visitato?
Tutte le tappe del nostro soggiorno sono state contrassegnate dall’incontro con la Chiesa locale e dal desiderio di conoscere la realtà storica del posto. Siamo stati a Pechino, dove abbiamo visitato la “Città proibita” e il Palazzo d’Estate. Siamo rimasti colpiti dalla consistenza di questa impressionante megalopoli, di come si è configurata oggi e da alcuni aspetti storici che aiutano a cogliere la ricchezza e la tradizione della Cina. Successivamente ci siamo spostati nei luoghi della Muraglia cinese, sulla quale abbiamo rinnovato una specie di esperienza di marcia, camminandoci sopra per un lungo tratto. Dopodiché il nostro viaggio è proseguito, per oltre mille kilometri, verso Xi’an, città di quasi nove milioni di abitanti, nel cuore del Paese, nota per essere stata l’antica capitale e per annoverare tra le sue ricchezze storico-artistiche uno dei monumenti più famosi al mondo: il mausoleo del primo imperatore cinese, con il celebre esercito di terra cotta. L’ultima tappa ci ha visto presenti più a est, a Shenyang, città industriale ad appena settanta km dal confine con la Corea del Nord, dove sussiste un’importante presenza cristiana.
Eccellenza, un viaggio in una terra smisurata (in tutti i sensi) come la Cina non lascia indifferenti. Non a caso le antiche cronache rammentano questo affascinante Paese come il “Celeste Impero”, quasi a tradurne la sconfinata estensione, paragonabile a quella del cielo. Che cosa le resta nel cuore dopo questo viaggio? Che cosa l’ha toccata?
Certamente l’incontro con i vescovi che abbiamo visitato. Si è trattato di un autentico incontro tra Chiese che dialogano; tanto più significativo perché si tratta di Chiese, nel caso cinese, che soffrono. E quindi l’incontro con questi vescovi è divenuto l’incontro con dei testimoni della fede, che vivono a prezzo della loro libertà l’adesione e la fedeltà al Vangelo. Li porto nel cuore perché sono stati momenti di grandissima comunione e condivisione e credo, grazie a noi, occasione per loro di sperimentare la solidarietà e la vicinanza da parte della Chiesa intera.
L’altro aspetto che mi ha toccato profondamente è l’incontro con le famiglie neocatecumenali. Famiglie cattoliche che vivono in Cina, dove hanno un lavoro e sono là con i figli. Incontrare la loro gioia, la loro dedizione, è stato di grande arricchimento per tutti noi.
L’incontro poi con la storia, la cultura e gli smisurati spazi geografici della Cina, ci hanno lasciato indubbiamente un segno che resterà a lungo. Quando sei lì, capisci che sei in un Paese che per la sua demografia e per la vastità del suo territorio, incide profondamente sulle dinamiche umane globali.
Qual è la testimonianza dei cattolici cinesi di cui le nostre comunità cristiane occidentali-europee, e in particolar modo italiane, possono e debbono far tesoro?
Non è semplice rispondere alla luce del nostro viaggio. Noi abbiamo incontrato i vescovi e queste famiglie. Abbiamo avuto solo una piccola esperienza della comunità cinese di credenti.
Sicuramente la persistente presenza di cristiani in Cina ci può insegnare tre cose: la prima è la perenne novità del vangelo. Ossia il fatto che il messaggio di Gesù è davvero una “notizia nuova” che cambia la vita e dona libertà. Il fatto che là ci sia una Chiesa giovane, e talvolta perseguitata, mette in luce che il vangelo è veramente un annuncio sempre inedito nella vita di ogni persona.
Un secondo aspetto è il coraggio; ossia il coraggio di riconoscersi cristiani anche vivendone il rischio. Rappresenta infatti un’autentica fedeltà al vangelo il rischiare alcuni aspetti della propria vita, in un contesto politico e sociale non favorevole alla libertà.
Un terzo aspetto che ci insegnano i cristiani cinesi è il legame con il Papa. Il fatto che i vescovi cerchino la comunione con il Santo Padre, il fatto che da questa comunione dipenda la vita stessa della Chiesa, dice come sia essenziale per i cristiani rimanere saldamente ancorati al Romano Pontefice con l’affetto e la preghiera. A questo proposito vorrei cogliere l’occasione per manifestare, anche qui, la mia vicinanza a Papa Francesco, e la gratitudine per il suo ricco e coraggioso ministero. Come già ha detto l’Arcivescovo di Milano, Mario Delpini, ci uniamo al coro per dire anche noi come Chiesa di San Miniato che vogliamo bene al Papa, vogliamo bene a Papa Francesco.