Papa Francesco, dopo quella di San Pietro, ha già aperto le altre porte sante nelle chiese giubilari di Roma. È un segno grande che ci invita tutti a metterci in cammino e ad iniziare il nostro pellegrinaggio. Anche ognuna delle nostre famiglie è chiamata a farsi pellegrina di speranza e attraversare la porta che è stata aperta sulla sua strada. Così come abbiamo auspicato che le nostre case si aprano all’accoglienza, come piccole chiese domestiche, non possiamo non desiderare che le famiglie cristiane si sentano attratte a varcare la soglia reale e spirituale che ogni porta santa rappresenta.
Si tratta di alimentare quello spirito di comunione che ci fa sentire parte di una Chiesa universale che si fa prossima, si mette in ascolto delle nostre profonde domande di senso, anche delle sofferenze, delle fatiche, nonché delle gioie e dei desideri. L’anno giubilare sarà propizio e fecondo nella misura in cui non lasceremo che il tempo trascorra senza uscire da una routine autoreferenziale, fatta di doveri e compiti da assolvere senza alzare lo sguardo verso un orizzonte più ampio che ci faccia esclamare: «non siamo soli!». Ciò che il mondo ha bisogno di vedere è quella speranza che nasce dal sentirsi parte di un tutto, membra vive dell’unico corpo di Cristo, animati dallo Spirito e desiderosi di andare verso il Padre.
È il nostro stesso metterci in cammino che illumina la strada e mostra la direzione – proprio com’è avvenuto con i Magi all’Epifania, manifestazione del Signore, che abbiamo celebrato non molti giorni fa. Come le sistole e le diastole del respiro, così il movimento che possiamo sperimentare è quello di ricevere dalla Madre Chiesa i doni che essa sempre ci elargisce, prima di tutto nei sacramenti e nello stesso tempo offrirle noi quella vita che quotidianamente ci appartiene. La speranza si nutre della comunione, della consapevolezza che siamo un popolo in cammino. Linfa che unisce è la preghiera che sale a Dio non solo nel segreto dei cuori, dai nostri appartamenti privati, ma diviene una richiesta di intercessione corale. È preghiera per le coppie che desiderano un figlio e faticano a concepirlo, per quelle che sono provate dalla disabilità o dalla malattia di un famigliare che necessita cure ed assistenza, negli ospedali o nelle case. È preghiera per chi vive un lutto, magari avvenuto anzi tempo – quanto è duro per dei genitori sopravvivere ad un figlio!– È preghiera per chi è senza casa, per chi ha perso o non trova lavoro, per chi sconta una pena in carcere. Attraversare la propria porta santa vuol dire farsi carico anche di situazioni abitualmente distanti da noi. È il modo per impetrare giustizia, per essere costruttori di pace. Chissà quanti di noi quest’anno troveranno il tempo per vivere questo tipo di pellegrinaggio, concreto e spirituale insieme? Di certo sarà un’occasione per rinsaldare anche i vincoli di parentela, per stringere le maglie dei rispettivi legami e offrire anche queste forme d’amore perché si purifichino e salgano al cielo come offerta gradita ed edificante.