Discorso di alto profilo quello tenuto da monsignor Paccosi lo scorso 27 aprile davanti al Consiglio comunale della Città della Rocca: bene comune, concordia sociale, giovani, poveri, migranti e beni culturali, alcuni dei temi toccati nel suo intervento.
Il consiglio comunale di San Miniato ha dato il benvenuto al vescovo Giovanni Paccosi con un momento di saluto ufficiale che ha anticipato la seduta dello scorso 27 aprile. Dopo una breve visita delle sale comunali, il presidente del consiglio Vittorio Gasparri ha presieduto l’incontro, insieme al sindaco Simone Giglioli. «Tutto quello che facciamo – ha detto il primo cittadino – e che faremo, a noi, oggi, pare gioiosamente scontato eppure sono passati poco più di cinquant’anni da quando il vescovo di San Miniato incontrò per la prima volta il sindaco della città. Era il 31 gennaio 1970 quando monsignor Paolo Ghizzoni fu ricevuto dal mio illustre predecessore, Nello Baldinotti, nell’allora Sala del Consiglio, quella che oggi chiamiamo Sala delle Sette Virtù. E fu senz’altro un appuntamento virtuoso che gettò le basi per un’alleanza di cui ancora oggi beneficiamo». Il primo cittadino ha voluto poi donare a monsignor Paccosi l’opuscolo che ricorda questo primo storico incontro.
«Voi amministratori pubblici avete una missione grande – ha dichiarato il vescovo -, quella di prendervi cura del bene comune. Ed è proprio nell’amministrazione di una città che si può esprimere maggiormente la dimensione grande della politica come servizio all’altro. Credo non ci possa essere soddisfazione più grande che vedere che, con la propria opera, si risolvono i problemi di persone che hanno bisogno e che da sole non ce la farebbero. Al di là delle visioni politiche, per il ruolo che svolgete, come rappresentanti di questo consiglio comunale, avete tutta la mia stima».
Il vescovo ha poi ricordato il suo impegno giovanile in politica prima di entrare in Seminario, a 19 anni. «Il dibattito e la diversità delle idee che ciascuno di voi ha – ha proseguito – rendono possibile camminare insieme in quella che il Papa definisce un’amicizia sociale, che non vuol dire pensarla tutti allo stesso modo, bensì riconoscere che attraverso diversi modi di vedere e percepire la realtà si riesce, se siamo sinceri con gli ideali che ci muovono, a creare un punto di sintesi più grande».
Un altro tema sottolineato dal vescovo è stato quello dei giovani: «Anche questa è una cosa che mi sta a cuore – ha detto -. Aiutare i giovani a prendere coscienza degli ideali grandi della vita. In una società oggi molto narcisista, dove si spinge sul pedale dei diritti individuali – intesi come un’autonomia totale – i giovani possano essere aiutati a comprendere che i diritti sociali sono la cosa più importante, che non ci si può realizzare da soli ma solo mettendosi al servizio degli altri, ad esempio nel volontariato e nell’associazionismo. Anche su questo potremo collaborare proficuamente».
Il vescovo ha quindi portato il discorso sul tema dei beni culturali, da valorizzare non solo in senso economico ma rendendosi prima di tutto conto del valore che tali opere hanno per la nostra umanità. Esse rappresentano il segno di una storia di cui facciamo parte». Facendo poi riferimento agli affreschi della Sala delle sette virtù, ha notato che accanto all’immagine della Madonna, «a cui chi governava allora guardava come al senso della vita», sono raffigurate le virtù necessarie per governare una città, al centro delle quali sta la Giustizia. Senza giustizia non può esserci concordia. E a questo si collega il tema della pace. La pace – ha evidenziato – è la grande sfida del mondo contemporaneo, dove la violenza e la guerra sembrano prendere il sopravvento. Quando guardiamo al tema della pace in una prospettiva universale ci sentiamo inermi: “E noi che possiamo fare?”. Ma la costruzione della pace passa attraverso il lavorare insieme per il bene comune». Infine il vescovo ha ribadito l’importanza dell’attenzione alle nuove povertà e ai migranti, di fronte ai quali non possiamo semplicemente chiudere la porta.