Non avrei mai creduto di passare un pomeriggio in piena serenità, nel ricordo dei giorni trascorsi in colonia a Prataccio, località Cecafumo. Ammetto che è stata una grande gioia vederla rifiorire dall’abbandono in cui era caduta.
Ebbene sì… la colonia della mia giovinezza è tornata a rivivere! Le strofe della bellissima canzone «Campane di Monte Nevoso», in quelle ore pomeridiane, non lasciavano spazio ad altri pensieri: «Ritorneremo ancor sui nostri monti, berremo l’acqua viva delle fonti, che è pura come il nostro amor. Campane, col cuore giocondo, invocate la pace e l’amor, non quella che predica il mondo,ma la Pace che vuole ogni cuor».
Le passeggiate sui sentieri montani verso il lago Scaffaiolo, il ponte sospeso sul fiume alla Lima, le partite sul campino della colonia e sul campo di calcio di Prunetta, le letture sotto i piccoli pini che circondavano il cortile centrale, le preghiere nella cappellina e sul piazzale, la sveglia alla mattina con le laude mariane, in special modo, ripetuta tante volte, «Stella del mare»: tutto questo descrive ed esalta la mia giovinezza montana che il mio amatissimo parroco, don Lido Franchini, mi ha fatto vivere e che oggi altri giovani possono ancora godere.
Domenica 12 novembre, il grande e significativo evento: don Armando e don Ernesto, coadiuvati da volontari, scout, giovani, adulti, tecnici, tutti uniti nell’eseguire lavori di manutenzione e riparazione, hanno reso viva ed abitabile questa struttura, invitando all’inaugurazione di una confortevole sala che su una parete porta la lapide in memoria di monsignor Morello Morelli, che tanto l’ha amata. «Don Armando inizia i lavori! Se non ce la fai tu, nessuno può farcela».
Questo è stato il grande invito che don Morello ha rivolto a don Armando, il quale, nella sua vulcanica eruzione di idee, convalidata da fatti concreti, ha intrapreso questa strada e oggi, come don Ernesto ha ben detto: il riscaldamento funziona, le porte e finestre chiudono bene, le camerette con bagno sono composte da letti a castello con materassi nuovi, donati da una ditta, la cucina è in funzione, i piazzali puliti, i giganteschi castagni, come guardiani, idealmente ci sorridono per la cura che è stata loro dedicata.
Cosa possiamo dire? Grazie è troppo riduttivo. Impegno ed aiuto da parte di tutti è invece il riconoscimento più reale e costruttivo che possiamo rivolgere a tutte queste persone che volontariamente si sono adoperate in questo ambizioso progetto.
Domenica scorsa abbiamo iniziato alle 16 con la presentazione della struttura, lo scoprimento della lapide offerta dai nipoti di don Morello, presente tutta la sua famiglia. Poi vari interventi, tra cui quello del sindaco di San Marcello-Piteglio, Luca Marmo, che ha ringraziato per il recupero effettuato con la sicura consapevolezza che tale struttura «ha arricchito notevolmente il territorio, incentivando il turismo e offrendo varie opportunità economiche e sociali, dato che la struttura sarà anche a disposizione delle associazioni locali per ritrovi collettivi».
Il polo di attenzione di tutti i partecipanti, accompagnati dallo sguardo sorridente di don Morello, che figura impresso sulla lapide, è stato il grande camino, posto al centro della parete laterale, acceso per la prima volta. Il fuoco, la fiamma ardente, il caldo sano e salutare che emanava, hanno coinvolto tutti in fraterna unità, tutti stretti da bellissime e calde emozioni, mentre sul video scorrevano le immagini dei tanti giovani che hanno frequentato in queste due ultime estati i campi.
Il fine ultimo di questa struttura: «Formazione sui temi ambientali e sulla giustizia sociale», secondo le linee indicate dall’enciclica di papa Francesco, attraverso studi, confronti, riflessioni, esperienze di vita “inanellate” come una catena e tenute agganciate dalla preghiera e dal ringraziamento verso il buon Dio. Mi è inoltre doveroso rammentare le signore e i volenterosi uomini che hanno approntato una singolare e abbondante merenda, seguita infine da una deliziosa cena. Un auspicio: i tanti giovani che frequenteranno questa struttura diocesana, possano trovare il loro habitat ideale, la loro nicchia ecologica sperimentando quella gioia e serenità che molti anni or sono abbiamo provato anche noi – quando eravamo giovani – correndo e cantando su quei prati in fiore.