Lo scorso lunedì 17 ottobre, come preti giovani ci siamo recati a Loppiano, una tranquilla località vicino Incisa Valdarno, luogo simbolo del Movimento dei Focolari, dove i princìpi della comunione e della fraternità fondano e guidano la vita della comunità. Questo potrebbe già essere un indizio su come la Chiesa intende camminare nei prossimi anni, grazie alla riflessione avviata dal Sinodo. Credo anche che l’idea del vescovo, di partecipare tutti insieme a quest’evento come presbiterio unito sia stata un’intuizione positiva e che va in questo senso.
All’incontro, tenuto da monsignor Erio Castellucci, vescovo di Modena-Nonantola, erano presenti molti presbiteri, provenienti da tutta la regione insieme ai loro vescovi. La riflessione di monsignor Castellucci si è articolata intorno a due cardini: la “ri-partenza pastorale” nel post-pandemia ed il Sinodo della Chiesa italiana e mondiale. I presbiteri si trovano di fronte alcune sfide, scaturite dal connubio pandemico[1]sinodale, che lasciano intravvedere, se accolte, quella “Chiesa diversa” (non “un’altra Chiesa”) di cui Papa Francesco parla e che già aveva prospettato nella Evangelii Gaudium e nel Discorso del 2015 al Convegno ecclesiale di Firenze: un annuncio più kerigmatico ed esperienziale (catechesi, omelie, lectio divina, gruppi del Vangelo…); proposte comunitarie (e ministeri) che privilegiano l’accoglienza e l’accompagnamento delle persone (secondo il passo che ciascuno può compiere); studio e realizzazione di vere corresponsabilità pastorali, che lascino ai pastori la possibilità di dedicarsi al servizio della Parola, della celebrazione e dell’incontro; un uso più sobrio del tempo (meno riunioni e più unità); frequentazione diretta e indiretta dei “villaggi” meno ambìti, ma preferiti da Gesù (interazioni con i mondi poco o per nulla ascoltati).
Un parere da “prete giovane”: il “Sinodo” cioè il “camminare insieme” è l’opzione che ci è data come riflessione operativa per vedere il rifiorire di comunità cristiane che vivono più veracemente il Vangelo. Questo cammino dev’essere intrapreso anzitutto al livello di presbiterio diocesano, creando collaborazioni pastorali e momenti di vita comunitaria. Questo potrà essere poi attuato con le nostre comunità. Credo che il modello a cui guardare, sia quello della “prima Chiesa”, quella della comunità apostolica dove Cristo è al centro ed è nel volto di ogni fratello. Siamo chiamati a vivere in semplicità sul modello di Maria, sempre pronta all’ascolto e all’attuazione della Parola e su questo spunto, cogliere nei tempi, nei luoghi e nei fatti concreti che ci circondano, il parlare di Dio alla nostra vita. Ecco che anche il “celebrare insieme” questa Parola ascoltata e accolta diventa occasione di comunione e fraternità tra tutti noi: presbiteri, ministri, popolo di Dio, per divenire veramente segno della presenza (missionaria) di Cristo nel mondo.