La mattina di venerdì 30 dicembre, il vescovo eletto Giovanni Paccosi ha ricevuto nella parrocchia di Gesù Buon Pastore a Casellina (Scandicci) il collegio dei consultori di San Miniato. La delegazione, guidata da monsignor Roberto Pacini, è stata convocata dal vescovo eletto che ha voluto iniziare così a prendere contatto con la nuova realtà diocesana, condividendo qualche accenno alla propria vita pastorale, alla famiglia d’origine, all’incontro con don Giussani e l’impegno in CL con l’esperienza in Perù come sacerdote fidei donum.
Starci dell’intervista di Riccardo Bigi (completa su Toscana Oggi, nel fascicolo regionale)
Il suo arrivo a San Miniato avverrà proprio mentre la diocesi sta vivendo il secondo anno di cammino sinodale e, soprattutto, mentre celebra il suo Giubileo, a 400 anni dalla sua fondazione.
Su quali siano le priorità che segneranno il suo ministero pastorale però – confida monsignor Paccosi – «è ancora presto per dirlo. Intanto ho già avuto modo di informarmi, so che è una Chiesa con una grande vivacità di esperienze, con tante belle realtà, che sono impaziente di conoscere. Il Giubileo è un appuntamento importante, e il motto adottato “Per Cristo, con Cristo e in Cristo”, è una bella prospettiva di rinnovamento della fede. Credo che la necessità di proseguire nel modo migliore questo cammino sia stato proprio uno dei motivi che ha spinto a definire la mia nomina in maniera rapida e a dare l’annuncio in una data insolita, alla vigilia di Natale. La diocesi di San Miniato mantiene, dopo 400 anni, la sua identità, e a me spetta di inserirmi molto umilmente in questo cammino. Certamente uno degli ambiti che ritengo importante è quello dei giovani, su cui già monsignor Migliavacca ha puntato molto e sui cui dovremo continuare ad agire. Il Cammino sinodale, cui papa Francesco e la Chiesa italiana ci chiamano, ci spinge verso l’ascolto di tutti, l’apertura verso gli altri, nella coscienza che l’altro è un bene per me».
Della diocesi di San Miniato, il vescovo eletto conosce già diversi sacerdoti per averli avuti compagni di Seminario: «Sì – risponde – con alcuni di loro ho una lunga conoscenza e anche amicizia, sviluppata negli anni del seminario e poi continuata anche senza frequentarsi molto. È una diocesi che ha molti punti di contatto con quella di Firenze e che sento vicina. In chi ho avuto già modo di incontrare, ho trovato una grande disponibilità a camminare insieme, so che troverò tante persone che mi daranno una mano».
A San Miniato, don Giovanni Paccosi porterà anche la sua esperienza maturata nella Chiesa fiorentina, di cui dice: «Credo che un aspetto importante della storia ecclesiale fiorentina sia quello di riuscire a tenere insieme tante anime, tanti modi di vivere la Chiesa, ognuno con la sua specificità e la sua ricchezza. L’ho capito anche vedendo all’opera il cardinale Betori, con cui ho avuto modo di collaborare strettamente in questi ultimi anni: di lui mi ha colpito la sequela cordiale al Papa, e la sua capacità di costruire unità nella Chiesa valorizzando le originalità».
«L’altro aspetto che vorrei portarmi dietro – prosegue I monsignor Paccosi – è quello della valorizzazione della bellezza come via d’incontro con il Signore. La bellezza dell’arte mi appassiona, e la bellezza abbonda sia a Firenze che nella diocesi di San Miniato. Ma in Perù, dove non mi veniva la nostalgia della bellezza, nella periferia dimessa in cui vivevo, ho imparato che la bellezza vera, quella più grande non è di carattere estetico, ma è la bellezza delle persone. Nella bellezza dell’arte, della natura, c’è la strada per incontrare Gesù, ma soprattutto lo incontriamo in ogni persona, anche fosse la più “scartata”».
Non mancherà quindi a San Miniato il riferimento alla sua esperienza missionaria in Perù, dove ha operato diversi anni insieme a don Paolo Bargigia, il sacerdote con cui ha condiviso gran parte della sua formazione e della sua esperienza sacerdotale, morto di Sla nel 2017: la sua testimonianza di fede nella malattia, dice, «ha reso evidente che l’incontro con Gesù rende possibile la pace e la gioia in ogni condizione».
Da pochi mesi, don Giovanni era stato anche nominato responsabile delle missioni di Comunione e Liberazione in America latina. Un incarico importante, per il quale il cardinal Betori lo aveva alleggerito dei suoi incarichi diocesani (vicario per la pastorale e direttore dell’Ufficio per i beni culturali e l’edilizia di culto), pur mantenendo l’impegno della parrocchia di Gesù Buon Pastore a Casellina di Scandicci. Un’esperienza che lo ha portato a vedere il mondo dal punto di vista della periferia, come chiede papa Francesco: «È un’esperienza che mi porterò dietro anche nella diocesi di San Miniato, nel mio modo di mettermi a servizio di questa Chiesa».
La sua ordinazione sarà il 5 febbraio, nella cattedrale di Firenze: «Avrei voluto viverla a San Miniato, ma mi sono arreso al fatto che la cattedrale di San Miniato è piccola per l’evento; così mi è stato suggerito da monsignor Migliavacca. Mi fa molta impressione il fatto di essere ordinato vescovo sotto quella stessa cupola del Brunelleschi che mi ha visto diventare prete, nel 1985. So che ci saranno tante persone con cui ho incrociato il mio cammino in questi anni».
Per l’ingresso a San Miniato, il 26 febbraio, spiega, «non è stato ancora definito il programma, mi affiderò a chi conosce la diocesi e il territorio. Mi sembra ancora una cosa talmente grande, ma il fatto di non essere stato io a cercarla mi rende tranquillo. Mi affido al Signore, alle preghiere della Chiesa fiorentina e alle preghiere del nuovo popolo che mi accoglie e di cui entro a fare parte».