A Castelmartini, frazione di Larciano di cui sono parroco, ogni 23 agosto si celebra la Messa al cimitero presso la Cappella Sacrario sotto la quale sono sepolti i resti delle vittime, figli e figlie di Dio e di questa terra. Quest’anno, in questa occasione e ricorrendo l’80° anniversario della strage, la Parrocchia ha fatto realizzare un dipinto commemorativo, opera del pittore locale Giuseppe Giuntoli, dal titolo «La crudeltà umana».
Il prossimo 24 settembre, davanti al Monumento, verrà a presiedere la Messa il nostro vescovo Giovanni nella commemorazione unitaria dei comuni coinvolti che ogni anno turna di luogo. Qui a Castelmartini è presente appunto il Monumento, in marmo statuario di Carrara, «Lo Stupore» di Gino Terreni, opera dedicata alle vittime dell’eccidio del Padule di Fucecchio e a tutti i combattenti toscani caduti per la Patria durante la seconda guerra mondiale. Fu inaugurato nel 2002 alla presenza del Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, e delle varie autorità comunali. Accanto a questo vi è l’elenco completo di tutte le vittime della strage divise per provenienza. Inoltre vi è Il Giardino della Memoria inaugurato il 23 agosto 1996 nel luogo in cui sorgeva l’ex cimitero. È composto da due lavori: «Paysage», di Andrea Dami, e «Mio fratello è qui», curato da Simone Fagioli. Il primo è in ferro dipinto di forma triangolare, costituito da tante formelle quante sono le vittime: ognuna è rappresentata da simboli di guerra, di strazio e di dolore. Il secondo è stato definito come una grande «cartolina calpestabile» ed è formato da una serie di temi grafico-culturali: nello specifico si tratta di nove «pittogrammi sedili – tavole pedane» a mosaico che rappresentano nove simboli universali collegati ai temi della solidarietà e della pace. Infine, sempre in questa frazione, la Villa Poggi-Banchieri fu requisita e resa sede del Comando tedesco. A Stabbia, in Padule, è presente il Giardino della Meditazione in memoria di questi eventi.
Ad oggi sono pochissimi i superstiti ancora in vita. Diversi sono i parenti tra i quali alcuni impegnati a ricordare sempre questa data e questi fatti, tuttavia purtroppo vi è anche molta indifferenza soprattutto da parte delle giovani generazioni. In questi anni mi è capitato di celebrare qualche funerale di superstiti, precisamente i cosiddetti «portatori di munizioni» ovvero ragazzi costretti dai tedeschi a questo servizio e quindi testimoni di tante atrocità la cui esperienza li segnò per sempre in modo drammatico. Poi alcuni orfani di madre o di padre a causa dell’ eccidio.
Anni fa trovai nell’archivio parrocchiale il «Liber usualis», un libro di preghiera in uso a quel tempo, di Marino Arinci ovvero del chierico, oggi si direbbe seminarista, di Cintolese che dopo pochi mesi sarebbe dovuto diventare sacerdote. Nel libro erano riportati la sua firma, l’anno 1939 e il luogo di provenienza Cintolese. È probabile che sebbene non fosse di Castelmartini frequentasse questa parrocchia confinante con la sua (in Diocesi di Pescia). Ne feci dono ad un museo dell’eccidio di questa zona al fine di promuoverne la memoria. Marino aveva 19 anni, i racconti dicono che la sua morte fu dovuta al fatto che non volle tacere il nome di alcuni complici di cui era a conoscenza, forse spie di quella barbarie, e li gridò ad alta voce perché tutti sapessero, sprezzante del pericolo. Questo gli costò la vita. Un ragazzo coraggioso oltre che chiamato ad una vocazione altissima di servizio a Dio e agli altri nella Chiesa.
Memorabili le parole del diario di don Luigi Pardi, allora parroco di Castelmartini: «Brutale, vigliacco, ladro, assassino, triviale, sudicio, barbaro, pirata, vandalo e tutti i peggiori titoli che tu puoi trovare mettili pure tutti qui di seguito che tutti possono essere e sono: sinonimo del tedesco disumano». Questo parroco, mio predecessore, scampò alla morte per miracolo come lui stesso scrisse, in quanto fu sospettato di essere una spia presso gli inglesi e per questo destinato alla fucilazione. Il giorno dopo l’interrogatorio a cui fu supposto, tramite interprete, fece la triste e poi felice scoperta: «Il giorno dopo trovai l’interprete il quale mi disse queste testuali parole: “lei ha avuto una grande fortuna. Il Tenente ieri sera è stato comandato di partire subito per il fronte, se il Tenente non partiva lei era fucilato”. Ringraziamo il Signore dissi e auguriamo ogni bene al Signor Tenente». Ai parroci fu impedito di raggiungere il Padule: è il caso di don Ivo Magozzi di Querce, don Eugenio Bellaveglia di Stabbia e don Luigi Pardi di Castelmartini, per citare parroci della nostra Diocesi. Le canoniche di Stabbia e Castelmartini furono usate a proprio comodo dai tedeschi. In diverse chiese della zona sono state realizzate opere commemorative della strage.
Nella nostra Diocesi, oltre al già citato dipinto inaugurato giorni fa a Castelmartini, vi è «L’ultima cena in padule» nella chiesa di Botteghe e «La crocifissione in padule» nel santuario di Santa Liberata a Cerreto Guidi. Questi tragici fatti avvennero a un mese e un giorno dopo la strage nel Duomo di San Miniato e pochi giorni dopo il più famoso eccidio di Sant’Anna di Stazzema (12 agosto). Alcuni anni fa ho composto una semplice preghiera in rime che ogni anno recitiamo presso la Cappella del cimitero.