Questo sabato 28 giugno, Alfonso Marchitto verrà ordinato sacerdote in cattedrale dal vescovo Giovanni. «Desideravo fare l’archeologo non il prete- racconta -, ma il Signore alla fine è stato più forte e ha vinto tutte le mie ritrosie». Un cammino, il suo, guidato dalla presenza costante della Madre di Gesù.
Alfonso Marchitto ha 36 anni, è nato a Termoli in provincia di Campobasso e ha vissuto gran parte della sua vita a San Severo in provincia di Foggia. Questo sabato 28 giugno, alle ore 10,30 nella cattedrale di Santa Maria Assunta e San Genesio, riceverà l’ordinazione sacerdotale per l’imposizione delle mani del vescovo Giovanni, suggellando il cammino iniziato con l’ingresso nel Seminario di Firenze cinque anni fa.
Alfonso, persona di rara umanità, ci aveva raccontato alcuni anni orsono, in una chiacchierata a cuore aperto, un po’ di sé e del suo percorso di vita… Riprendiamo da quel colloquio ampi stralci che ci aiutano a tratteggiare il profilo di questo nuovo sacerdote della Chiesa di San Miniato: «Fin da piccolo sono stato un grande appassionato di arte e di storia ci aveva detto -. Appena terminato il liceo mi iscrissi alla facoltà di beni culturali a Foggia; un percorso interrotto due anni dopo per intraprendere gli studi di teologia al Pontificio seminario regionale pugliese a Molfetta. Proprio durante l’università si era infatti precisata in me la chiamata del Signore a seguirlo nel sacerdozio». Tra i doni che lui stesso riconosce come peculiari del Signore, c’è quello di essere cresciuto in una famiglia che ha saputo accogliere e custodire il tesoro della sua vocazione: «Si, vengo da una famiglia semplice, di agricoltori, un lavoro nobile e altamente formativo, che anch’io ho svolto nei tempi liberi dallo studio. Ai miei genitori devo l’educazione alla fede e ai valori cristiani. Anche la parrocchia ha molto aiutato il mio discernimento». «Se mi guardo indietro, le resistenze più grandi alla vocazione sono forse stato io stesso a porle: desideravo infatti fare l’archeologo non il prete, ma il Signore alla fine è stato più A forte e ha vinto tutte le mie ritrosie».
Molfetta, la città dove ha iniziato gli studi seminariali, è anche la città del vescovo santo don Tonino Bello e proprio ricordando gli anni trascorsi nella città adriatica, Alfonso racconta come lì ebbe la fortuna di conoscere molti preti e laici che avevano frequentato da vicino don Tonino: «Mi sono nutrito dei suoi scritti e della sua passione per gli ultimi e gli scartati». Richiamando poi l’importanza della Madonna nella sua stessa vita, prosegue: «Nel mio cammino vocazionale la presenza della madre di Gesù è stata, ed è, fondamentale. Da sempre mi accompagna e protegge. E chi ha una madre ha una garanzia… Come cristiani dovremmo ricordarcelo più spesso».
Da giovane giunto al sacerdozio, Alfonso ha un pensiero anche per i suoi coetanei: «In una società che non educa all’ascolto e a riconoscere la chiamata del Signore, se potessi dare un suggerimento ai giovani, li inviterei a non aver paura di rispondere a Dio. Lui non toglie nulla, ma al contrario dona tutto… lo dico per esperienza: la vocazione non è sottrazione ma addizione… In questi anni ho sperimentato che lo Spirito Santo mi ha sempre preceduto e atteso nei luoghi e nei volti che la vita mi poneva davanti. Il Signore è stato con me un po’ come un “giocatore d’azzardo”: solo uno che ama fino alla follia della croce è capace di giocarsi tutto per “vincere” un giovane come me».
Poi torna a baluginare il suo sincero e genuino amore per l’arte: «Scoprire la chiamata del Signore è stato per me come vivere una nuova creazione… Penso a Michelangelo e al modo in cui ha immortalato il tocco di Dio nella creazione di Adamo della Cappella Sistina. A me è accaduto metaforicamente la stessa cosa: la mia chiamata è stata un riplasmarmi nuovamente da parte di Dio, a partire dalla mia stessa polvere, ma questa volta con una finalità nuova».
La vita del sacerdote è anche celebrazione di quell’unica bellezza che ha la sua fonte primaria in Dio e Alfonso ci aveva confessato in chiusura di chiacchierata di un suo celato desiderio: portare la passione per l’arte nel servizio pastorale che lo attende: «È sicuramente presto per pensare a come farlo, ciò che è certo è che resto disponibile a mettere il mio amore per la bellezza a servizio della Chiesa».