In questo periodo, nella nostra diocesi, assistiamo a degli spostamenti di parroci che , per necessità pastorale, il vescovo deve compiere. È in questo momento che il cuore del prete chiamato, si commuove nel lasciare la sua parrocchia dove è amato ed apprezzato. «Il prete è l’uomo del dono, del dono di sé, ogni giorno, senza ferie e senza sosta. Perché la sua vita non è una professione, ma una donazione, non un mestiere, ma una missione» (papa Francesco). Per questo lo vediamo e lo consideriamo super partes, come «l’Uomo di Dio», poiché è solo Dio che lo sceglie e lo chiama da mezzo agli uomini con una vocazione specialissima. «Lo segna con un carattere sacro che durerà in eterno e lo investe dei divini poteri del Sacerdozio ministeriale, perché sia consacrato esclusivamente alle cose di Dio». Ricordiamoci però, che come afferma S. Bernardo: «il Sacerdote per natura è come tutti gli uomini».
Il prete è un uomo e nel suo silenzio nascosto della sua anima, soffre e gioisce, chiedendo aiuto, comprensione, affetto. Sente il male che provoca il distacco da una comunità per la quale aveva dato il suo cuore, la sua intelligenza, la sua volontà di offerta come Ministro di Dio, guida e maestro delle anime. La comunità dei fedeli è sconvolta ed insorge, ponendo una domanda al Vescovo: perché trasferire un prete così ben voluto ed amato e seguito? La risposta la offre don Donato in una lettera ai suoi parrocchiani, chiamato a lasciare la sua comunità per un’altra. «Sapete quanto vorrei restare con voi a Cerreto Guidi, ma quando sono diventato prete ho promesso obbedienza ed oggi rinnovo la mia presenza nelle mani del nostro vescovo che ha la responsabilità dell’intera Diocesi di San Miniato e che pensa al bene di tutti. Se la sua decisione sarà di trasferirmi andrò, portando con me il vostro ricordo, la poca distanza non altera gli affetti ed il bello che si è vissuto rimane per sempre in noi. Sono convinto che accoglierete con affetto colui che mi sostituirà e saprete farvi vicini per continuare ad esprimere quello che è sempre stato il mio desiderio “affermare il primato del Vangelo”. Vi chiedo una preghiera».
È in questa richiesta che si nota la commozione del prete e dell’uomo, per sopportare, con l’aiuto dello Spirito, la pesantezza del distacco e rendere sempre più viva e sicura la sua vocazione. Papa Giovanni Paolo II afferma: «Il vescovo cercherà sempre di agire con i suoi sacerdoti come padre e fratello che li ama, li ascolta, li accoglie, li corregge, li conforta, ne ricerca la collaborazione e , per quanto possibile, si adopera per il loro benessere umano, spirituale, ministeriale ed economico» (Pastores gregis n. 47).