Nella chiesa della Trasfigurazione a San Miniato Basso, domenica scorsa si è respirata un’aria di profonda spiritualità grazie alla catechesi tenuta da Salvatore Martinez, teologo e già presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo. L’evento, dal titolo «Ritornare ad adorare il Signore per testimoniare la speranza», ha unito riflessione e preghiera, culminando in un momento di Adorazione Eucaristica solenne.
L’Eucaristia, Pane vivo della speranza Martinez ha descritto l’Adorazione Eucaristica come un «momento perpetuo» in cui il cielo tocca la terra. «L’adorazione non è un atto isolato, ma un dialogo incessante con Dio», ha esordito, citando Santa Elena Guerra (l’Eucaristia come cenacolo universale) e Giovanni Paolo II, che al Rinnovamento nello Spirito affidò l’iniziativa del «Roveto ardente».
«Nell’Eucaristia – ha proseguito – tutte le promesse di Gesù si compiono: è lui il Pane vivo che ci trasforma in ciò che riceviamo». Attingendo alle Scritture, Martinez ha ricordato le parole di San Paolo ai Romani: «Siamo lieti nella speranza, perché la speranza è una persona: Cristo». Un concetto profondamente legato al Giubileo che stiamo vivendo: «Non speriamo in qualcosa di futuro, ma in Colui che ci ha già salvati. Ogni giorno, nell’Eucaristia, sperimentiamo l’abbraccio di Cristo. Il suo amore incondizionato è la speranza che non delude». Un messaggio potente per un tempo segnato da tante fragilità e solitudini. La croce e la sofferenza: l’ultima parola è la risurrezione.
Nella seconda parte della catechesi, Martinez ha affrontato il tema del dolore, in sintonia con il Giubileo dei malati. «La sofferenza non può essere eliminata dalla storia – ha detto –, ma Gesù ci ha insegnato che l’amore vince. E noi fra poco adoreremo il Sofferente – ha aggiunto – colui che ha deciso di soffrire per noi, per l’umanità di ogni secolo, di ogni tempo». Un richiamo forte alla speranza cristiana, che non è semplice ottimismo umano ma che si fonda sulla vittoria di Cristo. Martinez ha condiviso poi un aneddoto toccante: nel 1997, in una chiesa francese affiancata da locali a luci rosse, vide un uomo entrare bestemmiando in modo minaccioso e finire in ginocchio, in lacrime, davanti al Santissimo Sacramento. Le suore che tenevano aperta la chiesa, restando in adorazione del Sacramento, commentarono così l’accaduto: «Ogni giorno noi adoriamo Gesù e ogni giorno c’è un uomo che piega le ginocchia».
Adorare il Padre «in spirito e verità» Concludendo, Martinez ha spiegato l’etimologia della parola adorazione: dal latino ad os (portare la mano alla bocca, in segno di stupore) e dal greco proskynein (prostrarsi). «Adorare è riconoscere che Dio è Dio. È uscire dall’egoismo per entrare nella comunione». Citando Madre Teresa («L’Eucaristia è la lingua materna dell’amore») e Benedetto XVI («Siamo venuti per adorare»), ha invitato a fare dell’Eucaristia il centro della vita personale e comunitaria. «Gesù nell’adorazione non è il termine della nostra preghiera – ha notato -. È il Padre. Adorando Gesù, noi adoriamo il Padre in spirito e verità». La serata è proseguita con l’esposizione del Santissimo e un invito: «Gesù non dice “sarò” il pane della vita, ma “sono” ora, qui, per voi. Venite a me».
Un appuntamento che, come ha ricordato Martinez, trasforma l’uomo in Cristo. Un evento per riaccendere la fede e promuovere l’adorazione perpetua L’incontro tenuto da Martinez, introdotto dal vescovo Giovanni Paccosi e dal parroco di San Miniato Basso, don Fabrizio Orsini, non è stato solo una catechesi colta e appassionata, ma anche un’esperienza concreta di preghiera. In un mondo egolatrico e sempre più disperato, Martinez ha indicato nell’Adorazione eucaristica l’antidoto all’individualismo e la sorgente di una speranza «già compiuta, ma sempre nuova». Per San Miniato, una tappa significativa nel cammino giubilare verso una fede che, come il Pane eucaristico, «nutre e trasforma».