Maria Soave Buscemi ospite a Capannoli invitata da Pax Christi diocesana

La missionaria fidei donum in Brasile e «biblista popolare»

di Francesco Fisoni

La pace è il motore di un impegno quotidiano, accessibile a chiunque. In questa intervista, Maria Soave Buscemi, missionaria Fidei donum con quasi 40 anni di esperienza in Brasile, rivela come la lettura popolare della Bibbia diventi uno strumento potente per abbattere le ingiustizie e costruire comunità solidali. Il suo messaggio è chiaro: ogni persona comune può diventare testimone attiva della pace, attraverso il dialogo, la condivisione e un impegno civile che trasforma il vivere quotidiano in un atto di speranza.

Maria Soave, lei è missionaria laica Fidei donum in Brasile da quasi 40 anni. Quali sono stati i momenti e le esperienze chiave che l’hanno portata a intraprendere questa strada e a continuare a servirla con passione?

«Il mio cammino è nato nella Chiesa di Milano – la mia diocesi di provenienza – dove ho avuto in dono di vivere, fin da bambina, l’esperienza dell’oratorio in parrocchia. Poi, nell’adolescenza, ho incontrato i Comboniani. Con loro ho fatto tutto il percorso di formazione missionaria attraverso il Gim (Giovane impegno missionario), e i campi di lavoro, dove dopo ogni giornata di fatica, ci fermavamo per ascoltare e riflettere sul vangelo. L’aver conosciuto la testimonianza concreta di persone semplici nell’oratorio milanese, la testimonianza dei missionari comboniani e dei loro campi di lavoro ha segnato profondamente il mio cammino verso la missione Fidei donum, che è la missione semplice, di presbiteri, diaconi, laici e laiche di una diocesi al servizio di un’altra diocesi».

Lei è “biblista popolare”, cosa significa concretamente questa espressione e in che modo rende accessibile la lettura della Bibbia alle comunità in cui opera?

«In America Latina, e soprattutto in Brasile, fin dai tempi durissimi della dittatura militare, si è messo in moto un processo di educazione popolare degli adulti, in pratica un’andragogia sull’alfabetizzazione e sui processi di democratizzazione, in un paese non dimentichiamolo – che ha conosciuto tanti martiri e tantissima violenza. È proprio all’interno di questi percorsi che è nata, nelle comunità ecclesiali di base, l’esperienza di utilizzare metodologie didattiche di educazione popolare anche nell’avvicinare la parola di Dio. Perché la Bibbia è una chiave che apre la porta della vita delle persone e apre la porta dell’orizzonte, per ritornare non solo a sperare, ma, come diciamo noi, a “speranzare”, intendendo con questo termine l’impegnarsi per costruire speranza. E la realtà che servo nella diaconia missionaria è proprio quella dei biblisti e delle bibliste popolari. Appartengo a un centro ecumenico di studi biblici, composto da persone che si occupano della formazione sulla Scrittura per le comunità cattoliche e per le comunità delle chiese protestanti del Brasile».

Quali sono gli ambiti e le sfide specifiche della missione Fidei donum?

«La missione Fidei donum nasce grazie a una lettera enciclica promulgata oltre sessanta anni fa (da Pio XII nel 1957 – ndr), che invitava le chiese del nord del mondo, in particolare le diocesi d’Italia, a mettersi al servizio delle chiese nel sud del mondo, soprattutto in America Latina e Africa. La presenza missionaria, Fidei donum, “dono della fede”, è una missione a tempo che dura in genere intorno ai 12 anni. Esistono però anche molti presbiteri diocesani che decidono di passare tutta la vita in missione. Ho detto soprattutto America Latina e Africa, perché per l’Asia è molto più complessa la questione, in quanto occorrono molti anni per imparare dignitosamente un idioma e una cultura asiatica. Dico questo perché la missione Fidei donum è proprio la missione di accompagnarsi tra diocesi, le diocesi dell’Italia in questo caso e le diocesi africane, e latinoamericane».

Per chi si sente chiamato a diventare missionario fidei donum – in particolare laico quali sono i passaggi e le esperienze formative che consiglia di affrontare?

«L’unico “potere” nella Chiesa è la diaconia, il servizio. Chi, persona laica, si sente chiamata a questa esperienza vocazionale, c’è innanzitutto un percorso di discernimento da fare con la propria comunità parrocchiale, con la comunità diocesana e con il centro missionario diocesano, che ha – tra le altre cose – anche il compito di discernere e proporre progetti missionari Fidei donum, o affiancarsi ad altre diocesi che offrono progetti di questo tipo. La Chiesa italiana poi, tramite il Centro unitario missionario (Cum) di Verona, propone ogni anno un percorso di formazione missionaria per le persone che sono in partenza per questa esperienza. È una proposta che aiuta a conoscere la storia, l’antropologia, la storia delle Chiese e dei Paesi che si vanno ad incontrare».

Lei integra l’interpretazione popolare della Bibbia con un impegno per la giustizia sociale. Come si intrecciano questi due aspetti nella sua attività quotidiana?

«Nell’educazione popolare e nella lettura popolare della Bibbia è già integrato il processo ermeneutico di interpretazione, che fa in modo che la vita delle persone, il loro contesto, la loro storia, le loro fatiche, tocchino il testo della Bibbia. La Scrittura illumina la vita delle persone. La lettura popolare della Bibbia ha proprio l’obiettivo di rimetterci in piedi nella speranza, di rimetterci in piedi nella sequela di Gesù per servire gli altri. Servire, seguire, accolitare e diaconare sono i nostri verbi, all’imitazione di Gesù e della sua pratica. Allora, la lettura popolare della Bibbia ha come obiettivo il far recuperare speranza in Gesù, per costruire comunità, Chiesa, per passare dall’io al noi».

Nella sua conversazione a Capannoli è stato centrale il tema della pace: alla luce degli attuali conflitti internazionali e delle recenti decisioni in sede Ue sul riarmo generalizzato degli stati membri, quale ruolo pensa che la Chiesa e la lettura popolare della Bibbia possano avere nel promuovere una cultura di pace e dialogo, e in che modo anche noi – persone comuni – possiamo far sentire la nostra voce?

«Nel metodo di educazione popolare e di lettura popolare della Bibbia, un passo essenziale la coscientizzazione, il costruire coscienza. Come si realizza? In America Latina abbiamo imparato che questo ha a che vedere con l’uscire dall’ingenuità. L’ingenuità non è una virtù, l’ingenuità è l’incapacità di leggere la realtà e di domandarsi il perché essa è così. Papa Francesco ci dice che la realtà è più dell’idea. Oggi, invece, con i social le idee e le demagogie sono diventate più importanti della realtà. La realtà dolorsa, ferita non la si guarda, non la si abbraccia. Coscientizzarsi significa allora dare nome alla realtà per uscire dall’ingenuità. È un domandarsi i “perché”. Il grande vescovo brasiliano Dom Helder Camara, raccontava che quando procurava il pane a chi aveva fame, tutti lo plaudivano, ma nel momento in cui chiedeva ai suoi interlocutori perché in un paese come il Brasile, tra i maggiori produttore di grani al mondo, ci fosse ancora chi aveva fame, allora lo tacciavano subito di comunismo. Quando domandiamo il perché delle ingiustizie, iniziamo a decostruire le demagogie e la violenza che sottendono. Allora l’atteggiamento, in questi giorni, è domandarsi il perché: 800 miliardi di spese per il riarmo è una cosa gravissima. Il riarmo ha a che vedere con questa parola alla moda adesso: le terre rare. L’interesse non è per la vita dei piccoli, ma per le materie prime che il capitalismo estrattivista vuole accaparrarsi, per produrre beni che ci rendono la vita più comoda. Allora l’attenzione verso l’Ucraina che dovrebbe indirizzarsi verso le persone che soffrono, diventa invece attenzione per le ricchezze e per questo il riarmo. Gesù ci insegna che la pace si costruisce condividendo il pezzo di pane, o addirittura le briciole sotto il tavolo, come la mamma siro fenicia del vangelo. Esattamente questo significa la parola “compagno”: cum panis, colui che condivide il pane. Il Signore ci aiuta in questo, perché possiamo essere persone di comunione, che condividono fino all’ultima briciola, perché tutti abbiano vita in abbondanza nella pace».